RUSSO, Alfio.
– Nacque nella frazione Macchia di Giarre (Catania) il 13 marzo 1902, secondogenito di Vincenzo (mediatore immobiliare e piccolo proprietario terriero) e di Francesca Spina, casalinga. Prima di lui era nata Giuseppina, qualche anno dopo sarebbe nata Grazia.
Frequentate a Macchia le prime tre classi della scuola elementare, concluse il suo primo ciclo di studi a Giarre. Nel 1912 si iscrisse al ginnasio Michele Amari, sempre di Giarre, in cui studiò fino al 1917. Negli stessi anni iniziò a collaborare con alcune testate locali, tra cui il settimanale socialista catanese La libera parola. Iscrittosi nell’autunno del 1917 al liceo classico Gulli e Pennisi di Acireale, lo frequentò in maniera alquanto discontinua. Nel maggio del 1918 chiese il trasferimento al liceo Nicola Spedalieri di Catania, ma solo qualche anno dopo riuscì a conseguire la maturità classica, sostenendo gli esami da esterno presso il liceo Gulli e Pennisi.
Nel frattempo iniziò ad avvicinarsi al locale movimento socialista, diventando uno dei fondatori della sezione di Macchia del Partito socialista italiano (PSI). La militanza in quel partito rappresentò tuttavia, per lui, una breve parentesi.
Nel 1921 lasciò la Sicilia e si trasferì a Roma, con l’obiettivo di ritagliarsi uno spazio nel mondo del giornalismo. Riuscì però a ottenere solo alcune collaborazioni con il quotidiano liberale L’epoca, diretto da Tullio Giordana. Chiamato nel 1922 ad assolvere gli obblighi di leva, prestò il suo servizio presso il 1° reggimento granatieri di Sardegna. Terminata questa parentesi, riprese la sua collaborazione con L’epoca, che si protrasse fino alla chiusura del giornale, nel dicembre del 1925. Entrò quindi nella redazione romana del quotidiano milanese Il secolo, diretto da Giusepe Bevione, dove rimase per circa due anni.
Il 25 luglio 1926 sposò una donna appartenente alla borghesia benestante della capitale, Ada Rispoli, con cui condivise buona parte della vita. In quell’anno sottoscrisse anche un contratto da redattore stabile presso Il lavoro d’Italia, quotidiano della Confederazione nazionale delle corporazioni sindacali (ovvero il sindacato fascista), nato come settimanale nel marzo 1922 e diretto da Edmondo Rossoni. Secondo Sebastiano Catalano (Una vita per il giornalismo. Alfio Russo, 1982, p. 14), per rispondere ai requisiti richiesti dal giornale Russo provvedette a procurarsi – grazie all’interessamento di alcuni amici di Macchia – una tessera del Partito nazionale fascista con iscrizione retrodatata.
Nel 1928 ottenne per la prima volta un’assunzione presso un grande quotidiano nazionale, La Stampa. Per un biennio rimase in servizio presso la sede torinese del giornale. Poi, ottenuta nel gennaio del 1929 l’iscrizione all’albo dei giornalisti nella categoria dei professionisti, fu inviato a Roma come corrispondente dalla capitale. Dal 1930 seguì diversi viaggi di Benito Mussolini e, a partire dal 1933, fu inviato speciale in vari Paesi, tra cui Malta, Spagna, Austria, Egitto, Turchia.
Tra il settembre del 1935 e l’aprile del 1937 fu corrispondente dall’Africa orientale (cfr. il suo A Macallè con le avanguardie, in Con l’esercito italiano in Africa Orientale, a cura di E. Ceretti, I, Milano 1936, pp. 108-116). In seguito fu trasferito a Belgrado, dove svolse per quattro anni il ruolo di corrispondente dall’area balcanica. Nel 1941 fu infine inviato sul fronte russo meridionale, da cui rientrò alla fine di quell’anno.
Con la primavera del 1943 il rapporto di Russo con il mondo del giornalismo fascista si interruppe bruscamente. Egli decise infatti di dimettersi dal giornale torinese e di ritirarsi a Napoli, dove iniziò tra l’altro a lavorare a una raccolta delle corrispondenze che aveva inviato a La Stampa durante la sua permanenza nei Balcani. Ne nacque un libro, pubblicato a Roma nell’ottobre del 1944 (quindi dopo la liberazione della città) e intitolato Rivoluzione in Jugoslavia; era preceduto da un’introduzione in cui l’autore si premurava di specificare che si trattava di «appunti cronache note e ricordi che non si erano potuti stampare nel giornale» (p. 7).
Fu proprio quello il periodo in cui Russo iniziò anche a prendere contatti con il ricostituendo Partito liberale italiano. In particolare, dopo la liberazione della capitale (giugno 1944) si avvicinò sempre di più ai gruppi che facevano capo al giornale Ricostruzione liberale, e si collocò sulle posizioni – di liberalismo moderato – che contraddistingueranno poi tutta la sua esperienza giornalistica del secondo dopoguerra. Iniziò anche a collaborare al quotidiano Risorgimento liberale di Mario Pannunzio, assieme ad altri futuri dirigenti del Partito liberale.
Alla fine del 1944 manifestò l’intenzione, assieme a un gruppo di uomini politici e imprenditori siciliani, di creare nell’isola un quotidiano – autonomista ma non separatista – che potesse rappresentare un centro di aggregazione delle locali forze liberali. Così, mentre la guerra civile ancora imperversava nel Nord del Paese, il 15 marzo 1945 firmò il primo numero del quotidiano catanese La Sicilia, di cui fu direttore fino al novembre 1946, garantendosi la collaborazione di alcuni editorialisti e uomini politici di fama, come Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Nino Valeri, Epicarmo Corbino.
Alla fine del 1946 rientrò a Roma, per assumere l’incarico di redattore capo di Risorgimento liberale. Nell’autunno del 1947 fu infine assunto dal Corriere della sera, prima come inviato speciale, poi come corrispondente da Parigi.
Con il 4 gennaio 1953 giunse la sua prima nomina alla direzione di un quotidiano di prestigio, La Nazione di Firenze, che avrebbe guidato fino all’ottobre 1961 e di cui avrebbe fatto un foglio di eccellenza sotto il profilo giornalistico ed editoriale, con tirature che, nel giro di pochi anni, triplicarono quasi rispetto al momento del suo arrivo (Indrio, 1987, p. 369; si veda anche M. Risolo, Tappe e momenti d’un secolo di vita, in “La nazione” nei suoi cento anni, 1859-1959, Bologna 1959, p. 56).
All’inizio degli anni Sessanta la carriera di Russo nel mondo del giornalismo toccò il suo vertice più alto. Il 15 ottobre 1961 egli fu infatti chiamato a dirigere il prestigioso Corriere della sera (assieme al quotidiano del pomeriggio Il corriere d’informazione), in sostituzione di Mario Missiroli.
Come aveva fatto il suo predecessore, politicamente Russo mantenne il giornale su una linea di liberalismo moderato e di decisa opposizione all’esperimento del centrosinistra. Rispetto a Missiroli dimostrò tuttavia, nel complesso, una maggiore capacità di lettura delle trasformazioni che stavano attraversando la società italiana del tempo. Apportò tra l’altro al giornale varie innovazioni, che lasciarono intravedere un articolato progetto di modernizzazione editoriale. Garantì al quotidiano un corpo redazionale solido, efficiente e fortemente ringiovanito, assumendo giornalisti e collaboratori di talento, come Enzo Bettiza, Edgardo Bartoli, Giuliano Zincone. Ripensò o creò importanti sezioni, come quelle della Cronaca e dello Sport (quest’ultima affidata al poco più che quarantenne Gino Palumbo). Modernizzò la grafica, introducendo pagine dedicate alle donne e sezioni dedicate alle lettere dei lettori, all’agricoltura, alla scienza, al pubblico giovanile. Promosse infine inchieste su temi sino ad allora poco approfonditi dalla grande stampa nazionale, come i problemi dell’impresa pubblica in Italia e la crisi del Mezzogiorno.
Come era avvenuto per La Nazione, il suo impegno come direttore fu ripagato con un significativo incremento della diffusione del giornale (circa centomila copie). Con il tempo i suoi orientamenti politici, tendenzialmente conservatori, benché più duttili rispetto a quelli del predecessore, finirono tuttavia per apparire sempre meno conciliabili con i mutati indirizzi della proprietà del Corriere. All’inizio del 1968 egli rassegnò per questo le dimissioni da direttore, avendo ormai intuito la sua prossima sostituzione (in parte attribuibile anche a una certa disaffezione manifestata nei suoi confronti da alcuni collaboratori di prestigio del giornale).
Firmato l’ultimo numero del Corriere il 3 febbraio 1968, Russo si trasferì a Roma, dove visse da quel momento una vita piuttosto appartata, collaborando saltuariamente con il Gazzettino di Venezia di Alberto Cavallari e, fino al 1973, con il quotidiano catanese La Sicilia, di cui era stato il primo direttore. Quello stesso anno, il 18 novembre, perse la moglie Ada.
Dopo essere stato colpito da un’emorragia cerebrale, trascorse gli ultimi anni della sua vita semiparalizzato.
Morì, settantaquattrenne, il 5 ottobre 1976 in una clinica romana, a causa dell’aggravarsi di problemi cardiaci da cui era stato precedentemente colpito.
Nel 1977 il comune di Giarre istituì un premio internazionale di giornalismo a lui intitolato, per ricordarne l’opera e celebrarne il ricordo.
Fonti e Bibl.: Materiale documentario di un certo interesse su Russo è conservato presso la Fondazione Corriere della sera, Archivio storico del Corriere della sera (sezioni: Amministrativo-gestionale; Carteggio; Negativi fotografici).
P. Murialdi, La stampa italiana del dopoguerra. 1943-1972, Roma-Bari 1973, pp. 376-381; G. Licata, Storia del “Corriere della sera”, Milano 1976, pp. 459-468; E. Bettiza, Via Solferino: la vita del “Corriere della sera” dal 1964 al 1974, Milano 1982, pp. 35-41; Una vita per il giornalismo. A. R., a cura di S. Catalano, Acireale 1982; U. Indrio, Da “Roma fascista” al “Corriere della sera”. Cinquant’anni di storia italiana dalle memorie di un giornalista, Roma 1987, pp. 368-379; G. Di Fazio - G. Farkas, Un giornale, un’isola. “La Sicilia” di Domenico Sanfilippo, A. R. e Antonio Prestinenza (1945-1967), Caltanissetta-Roma 2005.