TRAMELLO, Alessio
‒ Nacque da Fredenzio probabilmente prima del 1470 (Adorni, 1998, p. 20). Per la città di origine sussistono diverse opzioni: dalla più attendibile Piacenza, dove Tramello visse e operò abitualmente, alla comunque probabile Mottaziana in provincia di Piacenza, alla più arrischiata Tromello in provincia di Pavia (p. 19). Nei documenti viene spesso ricordato come «Alexius Tramellus» o «de Tramellis». ma anche come «Taramellus» e «Taramella». Ebbe diversi fratelli, di cui per Agostino, suo collaboratore, per Giovanni e per Bartolomeo è attestata l’attività come muratori (ibid.). Verosimilmente illetterato, la formazione di Tramello avvenne in cantiere (p. 20), forse affiancando Giovanni Battagio o un esponente della sua cerchia (Roi, 1924, p. 360; Adams, 1982, p. 224). Viaggiò a Milano tra il 1497 e il 1498, entrando in contatto con l’opera di Donato Bramante (p. 81). Sono stati ipotizzati soggiorni a Venezia nel 1505-06 o 1508-10 e a Padova tra il 1504 e il 1506, occasioni per familiarizzare con l’architettura della Serenissima e con alcuni personaggi che orbitavano nei suoi territori, come Fra Giocondo (Adorni, 1998, pp. 17, 47-49, 62, 102).
Gli è attribuito il progetto per la chiesa benedettina di S. Sisto a Piacenza, edificata sulla precedente fabbrica presumibilmente romanica. La fama della chiesa è legata alla Madonna Sistina (1513-14) di Raffaello, oggi alla Gemäldegalerie di Dresda.
Due documenti attestano l’intenzione di modificare la struttura originaria già nel 1494 (Ganz, 1968, p. 25), intervenendo però nel rispetto del suo tracciato irregolare. In seguito si optò invece per una costruzione ex novo, che avvenne in due fasi. La prima cominciò nel 1499, quando la fabbrica romanica venne demolita in concomitanza con la traslazione delle spoglie di s. Sisto II papa, titolare della chiesa, dall’altare maggiore alla sagrestia (8 agosto). La seconda si colloca tra il 1510 e il 1514. Il progetto prevedeva una croce latina a tre navate, di cui la centrale voltata a botte e quelle laterali coperte da cupolette (Ganz, 1968, pp. 10-36; Adorni, 1998, pp. 23-70). Caratteristica dell’impianto è la presenza di un secondo transetto in corrispondenza della facciata, anch’esso cupolato, accanto al quale sono inseriti due tempietti, la cui forma perimetrale fu probabilmente esemplata sul sacello di S. Satiro a Milano. La distribuzione in pianta di S. Sisto risentì probabilmente dell’influenza esercitata dal sistema a quincunx adottato in alcuni esempi veneziani di fine Quattrocento, in particolare nel S. Salvador, di cui è stata ipotizzata la conoscenza diretta da parte di Tramello (Adorni, 1998, pp. 89-111). Il campanile è bipartito al primo e al secondo registro, quest’ultimo scandito da archi inquadrati dall’ordine: nell’insieme si riconosce la somiglianza con il campanile di S. Pietro di Castello a Venezia, progettato da Mauro Codussi (1482-90; p. 63). Nonostante siano andati perduti i mastri di spesa della fabbrica, il ruolo di Tramello come architetto è attestato da un rogito (15 dicembre 1514) relativo alla realizzazione di cinque oratori per le reliquie nella cripta (p. 34). Più controverso il carattere del suo apporto: è stato ipotizzato che egli fosse il responsabile del progetto complessivo della chiesa, anche se risulta difficile risalire al disegno attuato durante la prima fase costruttiva (pp. 41-49). Una seconda ipotesi delimita i lavori a lui ascrivibili riconoscendogli la responsabilità di quanto costruito solo durante la seconda fase del cantiere, ovvero il completamento del coro, l’innalzamento delle cupole, la realizzazione delle volte a botte e dei due tempietti in corrispondenza del transetto (Ganz, 1968, p. 19).
Tramello fu coinvolto anche nel progetto e nella costruzione del complesso olivetano di S. Sepolcro a Piacenza (Roi, 1924).
Nel 1498 il priore e gli Anziani della città concessero all’abate milanese, Giovanni Giacomo Pirovano, di recintare con un muro rettilineo il monastero, momento che coincise con l’inizio dei lavori (Adorni, 1998, p. 71). Il progetto di Tramello si articolava secondo un impianto regolare e simmetrico: accanto alla chiesa si disponevano due chiostri, le celle e la biblioteca; un corridoio interno permetteva ai monaci di spostarsi senza uscire nelle logge. La distribuzione risentiva del modello offerto dal monastero di S. Ambrogio a Milano, cominciato nel 1498 su progetto di Bramante (p. 81).
Il progetto per la chiesa prevedeva un impianto a tre navate sviluppato come una concatenazione di quincunx. L’edificio si sarebbe sovrapposto alla precedente costruzione, fondata nel 1055. Le fondazioni vennero scavate nel 1498, in contemporanea con i lavori al monastero, ma il cantiere fu subito interrotto. L’abate Giovanni Antonio Codacci da Lodi, che succedette a Pirovano, diede la priorità alla costruzione del monastero: la prima campagna di lavori terminò entro il 1510, quando vennero completati tutti i luoghi indispensabili per lo svolgimento della vita dei monaci (p. 77). La presenza di decorazioni geometriche in cotto, inserite nelle facciate del chiostrino d’ingresso, risente della tradizione lombarda, tipica delle opere di Agostino de Fondulis a Castelleone e a Crema. L’edificazione della chiesa ripartì nel 1513 (Ganz, 1968, pp. 37-51; Adorni, 1998, pp. 89-112). Del progetto rimane un disegno su pergamena disegnata a penna e inchiostro color seppia e acquarellata (Archivio parrocchiale di S. Vittore al Corpo a Milano, c. J 2), originariamente conservato presso il monastero piacentino.
Sempre a Piacenza, Tramello progettò per i canonici regolari lateranensi di S. Agostino la chiesa di S. Benedetto (1520).
L’edificio venne poi inglobato nella fortezza voluta da Pier Luigi Farnese, duca di Piacenza e Parma, rimanendo in piedi, ma subendo progressive modifiche, come la demolizione della cupola (1600; Drei, 1954; Adorni, 1998, p. 114). Trasformato in polveriera, venne distrutto nel 1805 dal magazziniere francese Maurel, che si suicidò dandogli fuoco. Alcuni disegni e una perizia redatta nel 1550 danno conto dell’impianto originario (disegni: Archivio di Stato di Parma, Mappe e disegni, vol. 21, n. 47; perizia: Archivio di Stato di Milano, Notarile, Fazio Felice, 8359; cfr. Adorni, 1998, p. 114): si trattava di una pianta a croce latina, scandita in tre navate con abside e testate a fondo piatto.
Secondo un atto del 1520, Tramello si era impegnato a terminare i lavori entro il 1530, anche se probabilmente li concluse già nel 1527, quando assunse, per volontà degli stessi canonici di S. Agostino, l’incarico per la realizzazione della chiesa di S. Benedetto a Crema, da edificare secondo il progetto di Paolo Sacca. Forse a causa della tarda età non gli fu possibile portare a compimento la costruzione.
Il 13 aprile 1522 prese avvio il cantiere della chiesa di S. Maria di Campagna a Piacenza (Corna, 1908, pp. 71 s.), progettata da Tramello e sorta in corrispondenza di un antico santuario presso il quale papa Urbano II aveva tenuto il concilio che indisse la prima crociata (1095).
Pensata come una quincunx, la fabbrica venne in seguito modificata. L’impianto a croce greca si allineava alla tradizione rispettata in altri santuari dedicati al culto mariano, in particolare a partire dall’ultimo ventennio del Quattrocento. Tra questi, rappresentò un modello specifico per la chiesa piacentina il santuario della Steccata, costruito nella vicina Parma a partire dal 4 aprile 1521 (Corna, 1908, pp. 69 s.; Arisi - Arisi, 1984, pp. 77-90; Adorni, 1998, p. 118). Tramello fu impegnato nel cantiere tra il 1522 e il 1528. Nel 1547 la chiesa passò per imposizione del duca Pier Luigi Farnese all’Ordine dei francescani minori osservanti, i quali adattarono la struttura alle loro necessità liturgiche: aggiunsero infatti un coro che comportò l’allungamento del braccio che ospitava la cappella della Madonna, inglobata nella nuova abside (Adorni, 1998, p. 134).
Nell’architettura civile, le attribuzioni sono incerte e prevalentemente fondate su base stilistica. È stato proposto il coinvolgimento di Tramello nel cortile del castello dei Landi a Rivalta, nel quale sono documentati i maestri Antonio da Lugano e Antonio da Pavia. Il cortile fu trasformato probabilmente da Corrado Landi, che ereditò il castello nel 1491 facendosi effigiare nei tondi tra gli archi del loggiato inferiore (Fiori, 1966-1967).
Il conte Manfredo Landi, padre di Corrado e consigliere degli Sforza, fu committente dell’omonimo palazzo a Piacenza, dove venne ospitato nell’ottobre del 1494 il re di Francia Carlo VIII. Il progetto, datato al 1480, è attribuito su base documentaria a Giovanni Battaggio, con cui collaborarono il genero Agostino de Fondulis per la decorazione in cotto nella facciata e nel cortile e lo scultore Giovanni Pietro da Rho per l’esecuzione del portale (Adorni, 1998, p. 137). Nel secondo cortile, edificato nel primo decennio del Cinquecento, la presenza di modiglioni e il rapporto tangente tra tondi e ghiere degli archi, ispirato al chiostro ionico di Bramante nel monastero di S. Ambrogio, ha suggerito la partecipazione di Tramello (pp. 139 s.). A supporto di questa tesi è la menzione del nome dell’architetto all’interno di alcuni atti rogati tra le mura del palazzo (p. 148). Altre ipotesi a favore di Tramello, avanzate solo su base stilistica, riguardano il cortile di palazzo Pallavicino a Cortemaggiore, organizzato su un doppio loggiato (p. 143), una colombaia a Carpignano di Caratta e il bastione di Campagna a Piacenza, così chiamato per la prossimità dell’omonima chiesa (pp. 146 s.).
Fuori di Piacenza l’attività dell’architetto fu più limitata. Nel 1517 iniziò a costruire insieme al fratello Agostino il monastero e la chiesa della SS. Annunziata, oggi scomparsi, voluti dagli olivetani di Villanova Sillaro presso Lodi: il modello fu il monastero piacentino di S. Sepolcro, come indicano i documenti (Giordano, 1989, pp. 55-58; Adorni, 1998, p. 157). Altre ipotesi attributive riguardano la cappella del Salvatore nel monastero benedettino femminile di S. Maria Teodote a Pavia, il cui impianto centrale riprendeva i tempietti di S. Sisto, e la partecipazione dell’architetto alla definizione del progetto per la chiesa del monastero benedettino dei Ss. Pietro e Prospero a Reggio Emilia (p. 150). Il suo nome è associato non senza contraddittorio al monastero di S. Vittore al Corpo a Milano, la cui planimetria richiama quella di S. Sisto (p. 156).
Tramello aveva sposato Giovanna Fasoli alla fine del Quattrocento, data suggerita dall’anno di nascita del primogenito (1500; Adorni, 1998, p. 20). Ebbe tre figli maschi e una femmina: Fredenzio, Sebastiano, Pietro Antonio e Giustina.
Il primogenito Fredenzio proseguì l’attività paterna, lavorando alla costruzione delle mura piacentine nel 1531 e prestando servizio in Francia come «ingegnero» e per i Farnese a Piacenza (Adorni, 1982, p. 181).
Alessio fece testamento il 25 febbraio 1519 (Archivio di Stato di Piacenza, Notarile, S. Raina, c. 1566, citato in Fiori, 1966, p. 58; Adorni, 1998, p. 21).
Morì alla fine di dicembre del 1528 o ai primi di gennaio del 1529, forse a seguito della peste (Fiori, 1966, p. 57; Ganz, 1968, p. 113; Adorni, 1998, p. 20). La sua attività, documentata tra il 1501 e il 1528, coniuga elementi ripresi dalla tradizione lombarda, a sua volta influenzata dalle sperimentazioni attuate in ambiente fiorentino, e da quella veneziana.
Fonti e Bibl.: G.B. Anguissola, Ephemerides Sacrae..., Piacenza 1828, pp. 43-73; L. Cerri, Un documento inedito rivelatore di un nostro grande architetto, in Bollettino storico piacentino, I (1906), pp. 226-230; A. Corna, Chi fu il vero architetto della chiesa di S. Maria di Campagna?, ibid., II (1907), pp. 49-55; S. Fermi, Nuove notizie intorno agli architetti Alessio e Agostino Tramelli, ibid., pp. 219-223; L. Cerri, A proposito di A. T., ibid., III (1908), pp. 104-109; A. Corna, Storia ed arte in S. Maria di Campagna, Bergamo 1908, pp. 69-72; L. Cerri, L’architetto A. T. e l’opera sua in Piacenza (sec. XV-XVI), in Archivio storico delle province parmensi, X (1910), pp. 29-57; P. Roi, La chiesa e il convento di S. Sepolcro in Piacenza, in Bollettino d’arte, s. 2, III (1924), 8, pp. 356-379; P. Gazzola, Opere di A. T., architetto piacentino, in I monumenti italiani, V, 1935; A. Pettorelli, La chiesa di San Sisto, Piacenza 1935, pp. 9-11; P. Gazzola, A. T. e il convento di S. Vittore in Milano, in Bollettino storico piacentino, XXXII (1937), pp. 10-13; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, XI, parte I, Milano 1938, pp. 738-775; G. Drei, I Farnese..., Roma 1954, p. 199; P. Putscher, Raphaels Sixtinische Madonna, Tübingen 1955, pp. 199 ss.; G. Fiori, Ricerche biografiche su A. T., Giacomo Agostino e altri artisti piacentini del Cinquecento e del Seicento, in Bollettino storico piacentino, LXI (1966), pp. 57-86; Id., Le sconosciute opere piacentine di Guiniforte Solari e di Gian Pietro da Rho: i portali di S. Francesco e del palazzo Landi, in Archivio storico lombardo, s. IX, V-VI (1966-1967), pp. 9-10; J. Ganz, A. T. Drei Sakralbauten in Piacenza und die oberitalienische Architektur um 1500, Frauenfeld 1968; R. Arisi, La chiesa e il monastero di S. Sisto a Piacenza, Piacenza 1977, pp. 16, 24, 32, 40-46, 84, 98, 102, 110; N. Adams, T., A., in Macmillan encyclopedia of architects, IV, New York 1982, pp. 224-226; B. Adorni, L’architettura farnesiana a Piacenza, 1545-1600, Parma 1982, pp. 181, 196, 374, 415; F. Arisi - R. Arisi, Santa Maria di Campagna a Piacenza, Piacenza 1984, pp. 77-90; L. Giordano, La scena urbana. L’architettura, in I Piazza da Lodi, una tradizione di pittori nel Cinquecento (catal.), a cura di G.C. Sciolla, Milano 1989, pp. 41-62; B. Adorni, A. T., Milano 1998; V. Poli, A. T. architetto di Piacenza 1470-1529, Piacenza 2019.