PEZCOLLER, Alessio
Nacque a Rovereto, il 23 aprile 1896, quando il Trentino faceva parte dell’Impero austrungarico. Il padre Giovanni possedeva una libreria in città e morì quando Alessio era ancora studente; la madre, Teresa Ellena, proveniva da Glorenza, in val Venosta, e apparteneva a una famiglia facoltosa.
Pezcoller, assieme al fratello, trascorse un’infanzia serena e agiata; ricordava i soggiorni estivi, da bambino, al Lido di Venezia. Frequentò il liceo di Rovereto e si iscrisse poi a medicina all’Università di Innsbruck.
Dopo la prima guerra mondiale, con il passaggio al Regno d’Italia, il Trentino, già provato dagli eventi bellici, affrontò un’ulteriore crisi economica e finanziaria; anche la famiglia Pezcoller attraversò un periodo di ristrettezze e difficoltà. La madre aveva infatti venduto le sue proprietà in val Venosta e con il crollo della corona austriaca il patrimonio venne azzerato. Pezcoller continuò tuttavia gli studi di medicina iscrivendosi all’Università di Firenze; si mantenne grazie a una borsa di studio e lavorò come violinista accompagnando i film muti prima dell’avvento del sonoro. Si laureò in medicina e chirurgia nel 1921 con il massimo dei voti.
Dopo un tirocinio di due anni all’ospedale di Rovereto, si trasferì al policlinico di Milano, dove studiò e collaborò con il professor Mario Donati, all’epoca uno dei più celebri e innovativi chirurghi italiani. Tra il 1923 e il 1940 ottenne la libera docenza in patologia chirurgica e in clinica chirurgica e medicina operatoria al policlinico di Milano.
Nel 1927 fu vincitore del concorso in clinica chirurgica di Pavia, ma continuò a lavorare nell’équipe di Donati fino al 1937. Nel 1938, quando Donati fu allontanato dall’insegnamento universitario a causa delle leggi razziali introdotte dal regime fascista, Pezcoller lasciò Milano per Trento, dove vinse il concorso per il primariato in chirurgia.
Dal 1937 al 1966 fu primario della divisione chirurgica all’ospedale S. Chiara di Trento e si dedicò completamente alla professione, senza mai formare una propria famiglia. La sua attività clinica coprì ogni tipo di intervento, ma si sviluppò in particolare nell’ambito della chirurgia addominale e toracica, così come nel campo, allora pionieristico, della neurochirurgia. Negli anni della seconda guerra mondiale si prodigò per curare i feriti durante i bombardamenti. Nel corso dell’attività professionale Pezcoller, uomo schivo, riservato e grande risparmiatore, ebbe uno stile di vita essenziale e trascorse tutto il suo tempo all’interno delle mura ospedaliere, dove aveva anche la sua residenza. Si recava tuttavia periodicamente a Milano per aggiornarsi sulle tecniche operatorie.
Riuscì a costituire un significativo patrimonio, composto da beni mobili e immobili, tra i quali un’azienda agricola nel circondario di Trento. Lasciato l’ospedale nel 1966 per raggiunti limiti d’età, continuò a studiare e a lavorare e mise a punto, con un progetto lungimirante, l’idea di costituire una fondazione scientifica di respiro internazionale.
Nel 1980 istituì la Fondazione Pezcoller (che fu riconosciuta da un decreto della Repubblica nel 1986), donando a questo scopo gran parte dei suoi beni. La Fondazione sorse con il patrocinio della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto allo scopo, come recita l’atto costitutivo, «di superare i limiti naturali della vita umana per consentire la continuazione dell’attività da lui costantemente svolta, sia a livelli umano che professionale, a difesa della vita contro le malattie e la morte» (Atto di costituzione... ).
La Fondazione, dotata di un consiglio d’amministrazione autonomo, si orientò subito nella direzione di favorire e promuovere le ricerche di medicina e chirurgia soprattutto nell’ambito oncologico. Ispirandosi al modello del Nobel, venne istituito un premio internazionale triennale, poi diventato biennale e infine annuale, destinato a scienziati che si distinguono per aver messo a punto metodi terapeutici nuovi ed efficaci o per aver realizzato scoperte decisive su dati nosografici, che permettano di comprendere le cause di malattie gravi. Il comitato scientifico fu presieduto, tra gli altri, da Umberto Veronesi; la Fondazione, della quale Pezcoller fu presidente onorario e attivo protagonista, dopo un avvio contrastato acquistò rilievo e prestigio mondiali, anche attraverso l’organizzazione di convegni, simposi e seminari di formazione.
Nel 1990 il ministero della Sanità insignì Pezcoller della medaglia d’oro al merito della medicina.
Morì a Trento il 27 gennaio 1993, assistito dalla signora Daria Terragnolo, dal ragionier Giorgio Pederzolli, nominato esecutore testamentario e dai nipoti Carlo e Alessio Pezcoller.
Nel testamento indicò la Fondazione come sua erede universale. Un monumento funebre lo ricorda nel famedio del cimitero monumentale della città di Trento.
Fonti e Bibl.: Trento, Archivio della Fondazione Pezcoller, Atto di costituzione della Fondazione A. P 12 febbraio 1980; Verbale e delibera del CdA della Fondazione P., 9 marzo 1993.
R. Stedile, Profili. Professor A. P., in Rovereto 1919-39: studi, I, Rovereto 2000, pp. 546 s.; Un secolo di vita dell’Accademia degli Agiati (1901-2000), a cura di G. Coppola - A. Passerini - G. Zandonati, Rovereto 2003, pp. 844-846; G. Bernardi, Cinquant’anni di sanità trentina, in Ordine dei medici e degli odontoiatri della Provincia di Trento, 2006, 1, p. 18; S. Benvenuti, Storia del Trentino. Personaggi della storia trentina, IV, Trento 1998, s.v.