FERRAIOLI (Ferrajoli), Alessandro
Nacque a Roma il 15 dic. 1846 da Giuseppe (fu creato marchese di Fflacciano), e da Francesca dei marchesi Elisei Scaccia Campana. Oltre a due sorelle ebbe un fratello maggiore, Gaetano, noto bibliofilo e collezionista, ed uno minore, Filippo, molto attivo nel campo bancario e finanziario, la cui vedova Natalia De Rossi concreterà la volontà espressa nei testamenti dei tre fratelli, consegnando nel 1926 alla Biblioteca apostolica Vaticana le importantissime collezioni di libri, autografi e manoscritti da essi possedute (cfr. la voce Ferraioli Gaetano in questo Dizionario).
Dei tre fratelli egli fu certamente "il più versatile e vivace, unendo l'attività politica a quella letteraria e all'impegno di storico erudito, che nell'ultima parte della vita diverrà prevalente" (Vian, in La "Raccolta prima"...). Fin dall'adolescenza il F. soffrì di terribili mali di capo che lo accompagneranno fino alla morte condizionandone talvolta le attività.
Come già per Gaetano, nulla si è potuto sapere dei suoi studi, che probabilmente furono svolti in casa, sull'immensa disponibilità di libri della biblioteca paterna. Presso gli eredi Ferraioli è conservato un suo manoscritto autografo (pp. 139), datato 19 marzo 1864 e rilegato in volume, contenente un suo trattatello dal titolo Esame filosofico del panteismo, diviso in quattro parti: sistema del panteismo; storia; confutazione; argomentazioni.
La continuazione dell'attività bibliofila iniziata dal padre fu prevalentemente opera di Gaetano, almeno per gli stampati e per gli autografi; tuttavia il F. si occupò con passione dei manoscritti, incrementandone il numero e la qualità: nel 1871 curò l'acquisto dagli eredi di tutte le opere a stampa e dei codici superstiti di M. A. Lanci (23 stampati e 22 manoscritti che nel 1890 saranno legati da Gaetano alla Biblioteca Vaticana); nel 1888 da P. A. Spinola quello dei documenti della prelatura romana della sua famiglia; e nel 1888-90 di quelli venduti da P. E. Visconti nipote di Ennio Quirino e di quelli dell'architetto C. Cardinali. Altra benemerenza del F. in questo campo fu di aver aperto al pubblico erudito la biblioteca, fornendo generosamente strumenti ed assistenza agli studiosi.
Tuttavia i suoi interessi non si esaurirono, come per il fratello, nella passione bibliofila, ma si estesero alla pubblicazione di opere ed all'impegno politico e civile che, per un certo numero di anni, si concretò in attiva militanza nelle prime organizzazioni politiche dei cattolici nel quadro del nuovo Stato italiano. Fin dal dicembre 1870 era sorta a Roma, su iniziativa del gesuita C. M. Curci, del principe M. Chigi e di altri rappresentanti dell'intransigenza, la Società romana per gli interessi cattolici, approvata da Pio IX e fornita di un suo organo di stampa, La Voce della verità; ilF. (con mons. D. Jacobini, F. Vespignani, F. Jacometti ed altri) fu uno di coloro che, provenendo da tale movimento, intesero superarlo dando mano, nel 1874-76, alla fondazione dell'Unione romana per le elezioni amministrative, con fini più dichiaratamente interventisti.
Il F. ne divenne uno dei membri più attivi, insieme col conte P. Campello della Spina che, sia pur brevemente (eletto nel 1867 si era dimesso l'anno seguente), era stato deputato al Parlamento italiano, ed era considerato un conciliatorista disposto al dialogo con alcuni liberali conservatori e religiosi come R. Stuart, che diverrà direttore de IlConservatore (26 dic. 1879-8 ott. 1880). Nelle elezioni amministrative del 16 giugno 1879 l'Unione romana ottenne una nettissima affermazione con l'elezione di tutti i suoi candidati al Consiglio provinciale, fra i quali il F. che rappresenterà per diciassette anni il mandamento di Albano Laziale. Già dal gennaio 1879, poco dopo l'elezione di Leone XIII, si erano incontrati con mons. S. Jacini, in casa del principe S. Giustiniani Bandini, diversi esponenti cattolici, per analizzare le possibilità della situazione. In tale clima venne prendendo forma un movimento assai più ambizioso, che avrebbe voluto pervenire all'abolizione del non expedit e ad una piena partecipazione dei cattolici alla competizione politica. Nacquero cosi le riunioni romane di casa Campello (durate dal febbraio all'aprile 1879), delle quali il F. fu uno dei protagonisti.
In questa sede fu decisa la fondazione di un'Associazione conservatrice nazionale, e ne venne stesa una bozza di statuto che, nell'intento di accontentare tutte le tendenze, risultò alquanto confusa. Il 25 febbraio però il papa, parlando ai giornalisti cattolici, fece affermazioni che suonarono di aperta condanna per chi aspirasse all'abolizione del non expedit, come annunciarono tripudianti La Voce della verità e L'Avvenire, ormai organi del clericalismo più oltranzista.
In una delle ultime riunioni (6 aprile), durante il dibattito sul progetto di statuto dell'Associazione conservatrice nazionale, vi fu un intervento del F., il quale fece sorgere dubbi che la creazione di un comitato centrale provocasse diffidenza nelle alte gerarchie ecclesiastiche, onde si decise di chiedere udienza al segretario di Stato cardinale L. Nina per un chiarimento definitivo circa la posizione del Vaticano. Il cardinale non solo si dichiarò interessato, ma addirittura affermò di "seguire con simpatia" il movimento. Sembrò un inizio promettente, quando l'improvvisa sostituzione del Nina alla Segreteria di Stato (con un rafforzamento delle correnti intransigenti ultramontane) bloccò per allora quell'interessante tentativo di costituire in Italia un partito conservatore cattolico non clericale capace di riunire i due filoni del conservatorismo italiano.
Sembra, comunque, che la vera causa dell'insuccesso, a parte la giubilazione del Nina, fosse nell'opinione di Leone XIII che i programmi del movimento non avessero una struttura organica e fossero in contrasto col vivo interesse che quel papa manifestava per le condizioni delle classi popolari; ed è certo che quel tipo di movimento interventista era stato in gran parte dettato dalla paura dei grandi proprietari, di cui il F. era un rappresentante, di assistere, in seguito all'estensione del suffragio, all'allargamento del fronte dei "rossi".
Di quei giorni è rimasta una ricca messe di pubblicazioni, tutte del 1979, testimonianza di un impegno intensamente vissuto: fra tutte spicca però, sia per diffusione (tre edizioni in due mesi) sia per equilibrio e chiarezza, quella del F., Del pensiero politico in Italia e di un partito conservatore. Studio, Roma 1879, dedicato "agli onorevoli colleghi del Consiglio provinciale di Roma".
Nell'opuscolo, uscito alla fine di marzo, il F. sosteneva che le dottrine politiche presenti nell'Italia contemporanea, tutte di derivazione francese e diffuse da letterati, erano state connotate da fortissime caratterizzazioni ideologiche che le rendevano troppo astratte; solo da poco si era andato concretizzando, ad opera di uomini di Stato (R. Bonghi, M. Minghetti, T. Mamiani, L. Luzzatti), una corrente che considerava la politica una scienza sperimentale aliena da astrazioni, basata sui fatti e sul metodo induttivo, in contrapposizione ai "così detti progressisti, democratici e repubblicani" ancora fedeli "ai dommi della filosofia francese". La dinamica politica per il F. era rappresentata dalle due eterne tendenze dell'umanità: la stabilità della tradizione da un lato e la modificazione innovativa dall'altro, in una eterna dialettica storica; perciò in Italia appariva urgente ed essenziale la creazione di un partito conservatore che esercitasse la sua necessaria funzione in tale dialettica. Ma in un paese come l'Italia appariva impossibile l'attuazione di un simile progetto senza la partecipazione dei cattolici; questi dunque dovevano mettere da parte i loro risentimenti ed accettare le nuove forme costituzionali. Occorreva partire dall'assioma che, per quanto si possa desiderarlo, la storia indietro non torna, per cui, "superato ormai il periodo in cui l'obiettivo unico e principale era stata la questione territoriale", i conservatori e i progressisti dovevano trovare il modo per risolvere il problema più importante che travagliava allora il paese, la questione sociale. Secondo il F. questa poteva venir affrontata molto meglio dall'atteggiamento sperimentale dei primi che dal dottrinarismo dei secondi, e solo l'ingresso in massa dei cattolici nell'agone politico avrebbe potuto dissolvere i partiti esistenti, dando ai conservatori la possibilità di garantire "i valori della religione, della patria e dell'ordine sociale": compito primario del nuovo partito era "il miglioramento delle condizioni delle classi popolari, che è o diverrà la questione massima dei nostri giorni" (p. 62), attraverso quei valori di fratellanza e di associazione che erano patrimonio del pensiero cristiano Aggiungeva che non tutti i problemi economici potevano venir risolti con i principi liberistici, e che "occorre restituire allo stato, o meglio alla società, molte funzioni che gli erano state troppo precipitosamente tolte" (p. 65).
L'opuscolo del F. suscitò negli ambienti intransigenti da cui egli proveniva vivaci reazioni, di cui si fece interprete La Civiltà cattolica (s. 10, X [1879], "Rivista della stampa italiana", pp. 319-25), sottolineando soprattutto che in un simile programma la religione sarebbe stata o del tutto assente o ridotta a semplice mezzo.
Dopo il fallimento del movimento il F. fu tra quelli che vollero ugualmente continuare in qualche modo l'attività politica: fu (ancora con D. Jacobini, P. Borghese, C. Conestabile e C. Santucci, cui si aggiunsero F. Crispolti, U. Boncompagni Ludovisi, S. Malatesta, F. Del Drago, F. Jacometti, O. Marucchi, C. Re) uno dei fondatori e sostenitori del Circolo romano di studi sociali e del mensile ad esso collegato, La Rassegna italiana (luglio 1881-febbraio 1887, diretta da F. Jacometti), che si prefiggevano di formare la coscienza politica delle nuove generazioni di auspicati futuri elettori ed amministratori pubblici cattolici.
Il Circolo romano ebbe sede prima a palazzo Borghese, poi a palazzo Odescalchi, ed esistette fino al dicembre 1888, quando tutto il direttivo si dimise davanti a un nuovo rifiuto di Leone XIII di abrogare il nonexpedit. A far da ponte fra l'attività politica del F. e gli interessi della sua famiglia (principalmente curati dal fratello minore Filippo, che si occupava di investimenti bancari ed edilizi), il F. sostenne anche un'altra iniziativa di mons. Jacobini, la Primaria Società cattolica artistico-operaia di carità reciproca, edificatrice di case per le classi povere, con la connessa Banca artistico-operaia, la più importante a Roma in quegli anni, che fu presieduta da M. Chigi, con Filippo Ferraioli nel consiglio d'amministrazione.
Ad Albano Laziale, dove aveva parte dei suoi beni ed una villa (nella quale coltivava la tradizione di riunire annualmente a convito gli archeologi romani), il F. sostenne le cariche municipali, esercitandovi rispettatissimo una specie di patronato civile. Qui fondò il Credito agrario e fu largo di beneficenze. Sempre in campo agricolo egli fu molto attivo nell'ambito del Consorzio delle paludi pontine, che presiedette per sei anni, dal 1885 al 1890, per il quale pubblicò Consorzio idraulico della bonificazione pontina: resoconto amministrativo e tecnico per il sessennio 1885-90 (Roma 1891) e Le paludi pontine e il presente stato del bonificamento (in Nuova Antologia, luglio1881, pp. 61-125). Il F. fu anche membro dell'Accademia di S. Luca.
Resta da considerare la sua attività come letterato, storico ed erudito, che divenne principale, anzi quasi esclusiva, negli ultimi anni, estrinsecandosi in un certo numero di pubblicazioni, le maggiori sotto l'egida della Società romana di storia patria, della quale (dopo una collaborazione iniziata nel 1878) fu eletto socio il 18 marzo 194 ed alla quale dopo la sua morte vennero affidate le sue carte erudite. Il primo lavoro fu Lettere inedite di Antonio Canova al cardinale Ercole Consalvi, Roma 1888, sulla missione affidata nel 1815 all'artista per il recupero delle opere d'arte razziate dai Francesi nello Stato della Chiesa. I lavori di maggiore impegno concernono la figura di Leone X, del quale egli divenne un apprezzato specialista: A. Mercati lo definì "un vero segugio di cose leoniane e di quell'età". Il primo gli fu suggerito dal rinvenimento che fece alla Biblioteca Vaticana del codice Vat. lat. 8598, contenente una minuziosa e completa lista di tutte le persone che costituirono la corte di quel papa, dai massimi livelli agl'infimi. Il F. ne pubblicò il testo critico accompagnato da un erudito commento e da un ricco apparato di annotazioni che forniscono una preziosa messe di dati biografici sugli innumerevoli personaggi elencati, purtroppo interrotta dalla sua morte al livello dei o minori uffizi", camerarii, cubiculari, ecc. Si tratta de Ilruolo della corte di Leone X, apparso per lunghi anni in Archivio della Società romana di storia patria (XXXIV [1911], pp. 363 ss.; XXXV [1912], pp. 319 ss., 483 ss.; XXXVI [1913], pp. 191 ss., 519 ss.; XXXVII [1914], pp. 307 ss., 453 ss.; XXXVIII [1915], pp. 215 ss., 425 ss.; XXXIX [1916], pp. 53 ss., 537 ss.; XI, [1917], pp. 247 ss.; e XLI [1918], pp. 87 ss.). Di quest'opera è apparsa recentemente una edizione critica a cura di V. De Caprio, Roma 1984, che alle pp. IX-XXXIV contiene un'analisi del valore del lavoro del Ferraioli.
Successiva pubblicazione sullo stesso papa fu La congiura dei cardinali contro Leone X, Roma 1919, nella Miscell. di paleografia e diplomatica della Soc. rom. di storia patria, poi anche Perugia 1920. Essa era stata preceduta da alcuni opuscoli: Breve inedito di Giulio II per l'investitura del Regno di Francia ad Enrico VIII d'Inghilterra e Iltriregno di Giulio II eseguito e descritto dal Caradosso (entrambi Roma 1912); Un testamento dello scultore Pietro Torregiani e ricerche sopra alcune sue opere, ibid, 1915; e Ilmatrimonio di Adriano Castellesi, poi cardinale, e il suo annullamento, Perugia 1919. Sul versante poetico poi, dopo un modesto lavoro proprio, Etruria, Roma, Sicilia (Roma 1878), il F. curò alcune traduzioni dei Lays of ancient Rome di Th. B. Macaulay: uscì dapprima Ilvaticinio dei capi (Roma 1902), seguito da La battaglia del lago Regillo e Virginia (ibid. 1903), e da Orazio (ibid. 1905), che furono poi ristampate unitamente ad altre col titolo Icanti di Roma antica. Versione di A. Ferraioli, nuova edizione (ibid. 1918).
Il F. era sempre stato di salute cagionevole, e negli ultimi tempi fu afflitto da una grave forma di sordità e da un forte indebolimento generale: venne repentinamente a morte in Roma l'8 luglio 1919 e fu tumulato a Cecchina di Albano.
Proprio quel giorno fu proclamato uno sciopero dei tipografi che durò circa due mesi, per cui non poterono apparire necrologi o cenni biografici, salvo una breve nota in Archivio della Società romana di storia patria. IlF. non si era mai sposato: con testamento segreto pubblicato il io luglio 1919 dall'avv. G. Buttaoni nominò erede un giovane consanguineo, Gaetano di Vincenzo Ferraioli di Castelvecchio Subequo, legando però la sua metà della famosa biblioteca al fratello superstite Filippo, con la clausola che alla morte di questo fosse consegnata alla Biblioteca apostolica Vaticana, o altrimenti ricadesse al suo erede (cfr. la già citata voce relativa al fratello Gaetano).
Fonti e Bibl.: Necrol., in Arch. della Soc. romana di storia patria, XLII (1919) 1-2, pp. 319 s.; ibid., IV (1926), 2, p. 95 (brevissimo necrologio di Filippo Ferraioli); Roma, palazzo Ferraioli, Arch. Alessandro Ferraioli (poche carte sparse del F., fra cui il ms. citato ed il testamento); R. Bonghi, Il partito conservatore, in Rassegna nazionale, 15 febbr. 1879, p. 764; P. Sbarbaro, Medaglioni aristocratici: A. F., in Le Forche Caudine, n. 12, 31 ag. 1884, p. 3; n. 18, 12 ott. 1884, p. 3 (sulla presenza del F. ad Albano); Roma maggio 1890: prima mostra della città di Roma, 4-27 giugno 1890 (sulla presidenza del F. della sezione artistica, come presidente della Società promotrice di belle arti); Lettere inedite della contessa d'Albany conservate dal marchese A. F., in Nuova Antologia, 16 dic. 1903, p. 653 n.; U. Pesci, Iprimi anni di Roma capitale (1870-78), Firenze 1907, p. 168 (sulla collocazione sociale e finanziaria dei Ferraioli); P. di Campello, Ricordi di più che cinquantanni, Roma 1910, passim;A. Mercati, Le spese private di Leone X nel maggio-agosto 1513, in Atti della Pontificia Accad. romana di archeologia, Memorie, s. 3, II (1927), pp. 99 ss., ristampato in Saggi di storia e letteratura, II, Roma 1982, p. 207; E. Soderini, II pontificato di Leone XIII, I, Milano 1932, p. 335; II, ibid. 1933, pp. 17, 19; C. Frati, Dizionariobio-bibliogr. dei bibliotecari e bibliofili, Firenze 1934, p. 220; G. De Rossi, Farfalle sotto l'arco di Tito, Roma 1941, pp. 3 s. (anche in Roma parola magica, in Strenna dei Romanisti, II, Roma 1941, pp. 84-87); Il Tempo, 26 ott. 1951; Il Giornale d'Italia, 27 ott. 1951; e La Gazzetta del popolo (Torino), 31 ott. 1951 (sulle controversie per l'eredità Ferraioli); F. Fonzi, I cattolici e la società italiana dopo l'Unità, Roma 1953, pp. 34-50; M. Parenti, Aggiunte al dizionario di C. Frati, II, Firenze 1959, p. 68; F. Malgeri, Le riunioni del 1879 in casa Campello, in Rassegna di politica e di storia, VI (1960), 65, marzo, pp. 22-32; e 68, giugno, pp. 6- 19; G. De Rosa, Iconservatori nazionali, Brescia 1962, passim; O.Majolo Molinari, La stampa periodica romana dell'Ottocento, Roma 1963, pp. 58, 233, 846; G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, I, Dalla Restaurazione all'età giolittiana, Bari 1966, pp. 228 s.; F. Mazzonis, L'Unione romana e la partecipazione dei cattolici alle elezioni ammimstrative in Roma (1870-81), in Storia e Politica, IX (1970), 2, pp. 216-58 (specialmente p. 237 n. 75), anche per estratto, Milano 1970; A. Caracciolo, Roma capitale dal Risorgimento alla crisi dello Stato liberale, s.n.t. [Roma 1974], pp. 144 s., 167; F. Fonzi, Per una storia del movimento cattolico italiano (1861-1919), in Introduzione alla storia del movimento, a cura di B. Gariglio - E. Passerin d'Entrèves, Bologna 1979, pp. 79-92; F. Leoni, Storia dei partiti politici italiani, Napoli 1980, p. 62; Storia del movimento cattolico in Italia, I, a cura di F. Malgeri, Roma [1981], pp. 252, 256, 264; G. Ignesti, Il tentativo conciliatorista del 1878-79. Le riunioni di casa Campello, Roma 1988, pp. 48, 129 n., 132, 133 n., 153 e n., 154, 157, 159 s., 165, 168 n., 206, 215, 218 (in particolare sul F. il cap. XX, Un transigente di fronte alla questione sociale); La "Raccolta prima" degli autografi Ferrajoli, a cura di P. Vian, Città del Vaticano 1990, p. X; Storia della Chiesa, a cura di E. Guerriero-A. Zambardieri, XXII, 1, s.n.t. [Roma 1990], p. 277; Dizionario storico del movimento cattolico, I, I, p. 4; III, 1, p. 156.