FALCONIERI, Alessandro
Nacque a Roma l'8 febbr. 1657 da Paolo, di Orazio, e da Vittoria Del Bufalo. Studiò al Collegio Romano, dove ottenne la laurea in utroque iure il 24 dic. 1682. Vestì l'abito prelatizio nel 1691, su insistente invito di Innocenzo XII e dietro forti pressioni dei suoi familiari.
Iniziò quindi la carriera ecclesiastica, che aveva già dato un cardinale, Lelio, alla famiglia Falconieri. Fu in rapida successione referendario di entrambe le Segnature, prelato della congregazione del Buon Governo, vicario della basilica di S. Maria Maggiore, prelato della Sacra Consulta. Fu chiamato a presiedere la Camera apostolica nel 1697 e fu anche governatore di Narni, prefetto delle Carceri, prefetto degli Archivi e prefetto della Zecca. Appartenne inoltre alle congregazioni dei Baroni e dei Monti e alla Camera dei computi.
Nel 1701 divenne chierico di Camera e l'anno successivo fu designato quale commissario generale del pontefice in tutto lo Stato ecclesiastico, escluse le Legazioni, con il compito di riportare la quiete nel Lazio e di combattere il banditismo.
Il F. prese residenza nel palazzo apostolico di Velletri e da qui emanò numerosi bandi contro malviventi e "facinorosi". Istruì quindi un gran numero di processi, in particolare contro briganti e malfattori del basso Lazio e dei Castelli, rivelandosi uomo d'ordine inflessibile. Espletato il suo incarico ritornò a Roma, dove fu di nuovo prefetto delle Carceri e successivamente chierico della congregazione per l'Immunità ecclesiastica.
Clemente XI, che lo teneva in grande considerazione, lo inserì fra i dodici uditori di Rota, mentre continuava a diffondersi la sua fama di amministratore severo e incorruttibile. Nel giugno 1717 divenne infine governatore di Roma, carica che mantenne sino al 1724, essendo stato riconfermato da Innocenzo XIII.
Esordì nel governatorato con bandi ed arresti, non fermandosi neanche davanti ai privilegi tradizionalmente riconosciuti ai rappresentanti diplomatici delle altre nazioni. Nel 1718 ebbe un violento scontro con il cardinal Fr. Acquaviva d'Aragona per l'arresto di un soldato spagnolo e la perquisizione dì alcune case vicine al palazzo di Spagna: non solo non disconobbe l'operato dei gendarmi romani, ma intervenne presso il pontefice per stigmatizzare la tracotanza degli Spagnoli.
Alla morte di Clemente XI (19 marzo 1721) il F. promulgò una nuova serie di bandi contro il gioco d'azzardo e il porto di archibugi, cui tennero dietro, appena eletto Innocenzo XIII, arresti e condanne al remo. Il suo lungo governatorato gli valse la stima generale e l'appoggio di molte grandi famiglie romane, oltre a quelle già alleate ai Falconieri per strategie matrimoniali. Il 20 nov. 1724, asceso al soglio pontificio Benedetto XIII, il F. ricevette la berretta cardinalizia con il titolo diaconale di S. Maria della Scala e fu nominato prodecano di Rota.
In quello stesso anno fu ascritto alle congregazioni dei Vescovi, dei Regolari, dell'Immunità e dei Riti. Alla fine del 1724 si ammalò gravemente e dovette ritirarsi nei pressi di Firenze per più di sei mesi. Tornò a Roma nell'estate dell'anno seguente e sostituì il cardinale Agostino Pipia, generale dei domenicani, nella congregazione particolare che doveva ridurre all'obbedienza il cardinale L. A. de Noailles, arcivescovo di Parigi. Nel 1727 fu designato cardinale protettore del Regno di Scozia.
Divenuto cardinale, il F. si dedicò alla ristrutturazione della villa di famiglia a Frascati, dove, ancora oggi, si legge sullo stipite di una porta il suo nome e la data del 1729. Nella villa fece restaurare la cappella, che fu benedetta dallo stesso Benedetto XIII. In quegli anni invero il F. godeva del più completo appoggio papale e della benevolenza della Francia e persino della Spagna: il cardinale A. Cienfuegos lo definì un francofilo che aveva saputo mostrare devozione all'Impero e ne lodò la cultura giuridica e l'attività presso la Rota.
Alla morte di Benedetto XIII (21 febbr. 1730) il F. fu così considerato uno dei papabili, quale decano dei cardinali designati dallo scomparso pontefice. In particolare fu proposto dal partito di Francia in risposta alla candidatura del cardinale T. Ruffò, avanzata da Alessandro Albani. In una seconda fase il F. appoggiò il Cienfuegos contro Lorenzo Corsini per poi confluire assieme al primo fra i sostenitori di quest'ultimo. Alla fine del conclave ricevette una calorosa lettera di ringraziamenti dell'imperatore Carlo VI per l'appoggio dato all'opera del Cienfuegos. Con questo il F. collaborò ancora nel 1731 durante la revisione del concordato con il Regno di Sardegna, mettendosi in evidenza per una posizione estremamente mite nei riguardi di casa Savoia.
Ormai anziano, il F. si distaccò lentamente dalla vita pubblica e morì a Roma il 26 genn. 1734. Due giorni dopo fu sepolto nel corso di una fastosa cerimonia: la sua tomba si trova a S. Giovanni dei Fiorentini sotto l'avello del prozio cardinale Lelio.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Archivio della S. Rota, Processus, 1, XC, e Admissiones. Varia, n. 22; Miscellanea, Arm. IX, voll. 91-99; Lettere dei cardinali 88, f. 644, e 90a, f. 58; Archivio di Castel S. Angelo 6400, ff. 141-44; Diario ordinario (Cracas), 30 genn. 1723, p. 2; 17 marzo 1724, pp. 2-5; 16 sett. 1724, pp. 13-14; 30 genn. 1734, pp. 2-3; Sacrae Rotae Romanae Decisiones coram A. Falconiero, I-III, Roma 1727; M. Guarnacci, Vitae et res gestae Romanorum pontificum, II, Romae 1751, coll. 435-438; L. Cardella, Memorie storiche de' cardinali della S. Rom. Chiesa, VIII, Roma 1794, pp. 201-202; F. Petruccelli della Gattina, Histoire diplomatique des conclaves, IV, Bruxelles 1866, passim; A. Professione, Il ministero in Spagna e il processo del cardinale G. Alberoni, Torino 1897, pp. 78-80; T. Ameyden, Storia delle famiglie romane, Roma 1914, p. 389; E. Cerchiari, Sacra Romana Rota, I-II, Roma 1920-1921, ad Indicem; L. von Pastor, Storia dei papi, XV, Roma 1933, ad Indicem; S. Cubeddu, Poche note sul cardinale A. Pipia ed epoca sua, Cagliari 1937, pp. 30, 34; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica medii et recentioris Aevi, V, Patavii 1952, p. 35; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico-eccles., XXIII, p. 6.