PRINCIVALLE, Aldo. –
Nacque a Sassari nel 1889, primogenito di dieci fratelli da una famiglia della borghesia benestante della città, primogenito di dieci fratelli, da Francesco, ingegnere, e di Clelia Manconi.
Entrò nel 1909 all’Accademia militare di Modena. Uscito con il grado di sottotenente nell’Arma di fanteria, combatté durante la Grande Guerra nelle fila della Brigata Rovigo sul fronte degli Altipiani e su quello dell’Isonzo. Promosso capitano, nel maggio 1917 assunse il comando del II battaglione del 227° Reggimento fanteria, che mantenne fino allo scioglimento del reparto, il 15 novembre 1917, dopo il ripiegamento al di qua del Piave in seguito alla disfatta di Caporetto. Alla fine del conflitto rimase nei ruoli del Regio esercito percorrendovi una carriera relativamente lenta e raggiungendo la promozione a maggiore solo nel 1931.
Come molti altri suoi colleghi in servizio permanente effettivo, Princivalli scontava la chiusura delle carriere tipica dell’esercito italiano uscito dal primo conflitto mondiale.
Dopo aver subito un ampliamento straordinario da una media di 275.000 unità a oltre cinque milioni a causa delle necessità belliche, l’esercito aveva subito fortissimi ridimensionamenti a partire dal primo dopoguerra, nel tentativo di arginare gli esorbitanti costi della guerra stessa. Rispetto all’elefantiaco corpo ufficiali esistente nel dicembre 1918 (oltre 185.000 elementi, tra cui 22.000 effettivi), la riorganizzazione del dopoguerra previde il ritorno a un organico molto ridotto, utile a inquadrare una forza di terra non superiore a 250.000-300.000 unità. Negli anni successivi ci fu un drastico sfoltimento dei ruoli: nel 1926 si arrivò a un organico di 194 generali, 4414 ufficiali superiori, 6129 capitani e 5283 ufficiali subalterni. Nel 1934, con il cosiddetto ordinamento Baistrocchi, si contrassero ulteriormente le ammissioni nelle accademie militari e venne istituita la 'vacanza obbligatoria', secondo la quale ogni anno un numero predeterminato di ufficiali avrebbe dovuto abbandonare l’esercito. Il segmento di personale più colpito in assoluto da tali provvedimenti fu quello dei giovani subalterni e dei capitani: l’ascesa ai gradi superiori divenne molto lenta, quando non impossibile. Alla ricerca di uno sbocco possibile, un certo numero di ufficiali scelse di prestare servizio volontariamente nelle colonie, confidando in avanzamenti più rapidi.
Allo scoppio della guerra d’Etiopia, Princivalle era di stanza in Eritrea, dove prestava servizio in qualità di tenente colonnello nel Servizio informazioni militari; non prese parte in ruoli combattenti durante la campagna del 1935-36. Nel 1937 venne promosso colonnello e nel 1939 assunse il comando del 152° Reggimento di fanteria (brigata Sassari), incarico che conservò fino all’anno successivo.
Lo scoppio del secondo conflitto mondiale rappresentò una svolta nella carriera, fino ad allora assai deludente, di Princivalle. Nell’aprile 1941 fu nominato capo di Stato maggiore dell’XI Divisione di fanteria, grande unità coinvolta nell’attacco contro la Jugoslavia, e mantenne questa carica anche nelle prime settimane dell’occupazione italiana della Slovenia. Promosso generale di Brigata, ricevette nel giugno 1941 il comando del 79° e del 80° Reggimento fanteria della 9a Divisione autostrasportabile Pasubio, una delle unità del costituendo Corpo Italiano di Spedizione in Russia (CSIR). Alla fine del 1942, quando il CSIR divenne l’Armata Italiana in Russia (ARMIR), Princivalle lasciò l’incarico alla Pasubio per assumere il comando della 11a Divisione di fanteria Brennero (pur mantenendo il grado inferiore di generale di brigata) di stanza a Durazzo.
Fu al comando della Brennero che Princivalle fu sorpreso dalla notizia dell’armistizio, l’8 settembre 1943. I reparti al suo comando presidiavano la zona del porto, vitale per le comunicazioni con l’Italia, e confinavano con unità tedesche inferiori per numero e armamenti; ciò nonostante, diede disposizioni di evitare ogni atto di ostilità nei confronti degli ex alleati, impedendo che i reparti reagissero ad attacchi locali e intavolando trattative con il comando tedesco per un trasferimento della Divisione in Italia. Questi passi diplomatici, che Princivalle giustificò con la confusione e la contraddizione delle disposizioni ricevute prima dal governo di Roma e dal Comando supremo, poi dal governo rifugiato in Puglia, non furono interrotti nemmeno nei giorni successivi, quando arrivarono notizie relative all’occupazione della penisola, al disarmo dell’esercito e all’annientamento di alcuni reparti che avevano tentato di opporre resistenza. Alla fine di settembre – dopo aver a lungo operato per persuadere i propri comandanti in subordine che il passaggio ai tedeschi fosse l’unica scelta per salvare i soldati, dopo aver ottenuto formali assicurazioni per l’incolumità di ufficiali e soldati e infine la promessa di mantenere intatta la Divisione al proprio comando in un futuro esercito collaborazionista – Princivalle ordinò ai reparti della Brennero di consegnare le armi. Secondo la testimonianza di un ufficiale subalterno (il tenente Aldo Briccoli) riportata nei verbali della Commissione d’inchiesta, Princivalle sostenne a più riprese la necessità di dimostrare la propria affidabilità ai tedeschi, salvo poi concedere che ognuno, una volta arrivato in Italia, si comportasse come meglio avrebbe creduto («si doveva aderire all’esercito tedesco al fine di raggiungere l’Italia»). In ogni caso, dell’intera Divisione un solo battaglione, dopo essersi impadronito della nave su cui era stato imbarcato, riuscì ad approdare a Brindisi. Imbarcate il 29 settembre per Venezia allo scopo di essere concentrate a Padova, le truppe della Divisione disertarono in massa durante il tragitto, seguendo l’esempio di alcuni degli ufficiali in comando.
Nell’ottobre 1943 Princivalle fu uno dei primi generali ad aderire pubblicamente alla costituenda Repubblica Sociale Italiana (RSI). Fece parte della missione della RSI a Berlino per stabilire il contributo militare del nuovo Stato alla guerra sul fronte italiano e per arruolare soldati tra i militari italiani catturati dopo l’8 settembre e deportati in Germania.
La decisione di Princivalle di aderire spontaneamente, ancora libero e al comando di una grande unità in armi, alla continuazione della guerra e poi alla rifondazione di uno Stato fascista fu un caso abbastanza raro nella storia del corpo ufficiali italiano a cavallo dell’8 settembre, e ancora di più nel segmento degli ufficiali di carriera (tradizionalmente devoti al giuramento alla monarchia). Gli 'optanti', come vennero poi definiti i militari italiani catturati dai tedeschi che scelsero di aderire alla RSI, furono probabilmente meno di 8000 (circa il 4% di quelli in servizio nell’estate 1943), molti dei quali disertarono poco dopo l’arrivo in Italia. Si può stimare che circa 2500 furono impiegati nelle quattro divisioni 'regolari' della RSI, anche se non esistono dati affidabili sul numero di ufficiali effettivi (e superiori) inquadrati nei ruoli delle forze armate repubblichine tra 1944 e 1945.
Nel novembre 1943 si trasferì nel campo di Grafenwöhr, in Baviera, dove erano stati concentrati i primi scaglioni di militari che avevano aderito alla proposta di entrare a far parte delle nuove forze armate della RSI e dove fu incaricato del reclutamento e della formazione della 3. Italienische Infanterie Division (o 3. Grenadier Division), che sarebbe poi divenuta la Divisione di fanteria di marina San Marco, una delle quattro grandi unità dell’esercito repubblichino. Nell’aprile 1944 ricevette dal governo della RSI la promozione a generale di Divisione. Alla fine del mese di luglio si trasferì in Italia per assumere il comando operativo della San Marco alle dipendenze dell’Armata Liguria: nell’arco di poche settimane, tuttavia, un altissimo tasso di diserzioni e la scarsa disciplina di molti reparti provocarono il collasso della Divisione. Alla provata inefficienza del suo comando e alla scarsa capacità di imporre la disciplina (in un rapporto a Mussolini propose di fucilare i comandanti di reparto che non sapessero reprimere con le armi il fenomeno endemico delle diserzioni e del passaggio alle unità partigiane), Princivalle aggiunse l’insofferenza per il capillare controllo tedesco nei confronti del suo operato. Come a tutte le altre unità della RSI, all’atto della partenza dalla Germania era stato aggregato al comando della San Marco un DVK (Deutsche Verbindugskommando, Nucleo tedesco di collegamento) con compiti di sorveglianza sulle truppe italiane. Princivalle richiese a gran voce che gli ufficiali tedeschi venissero allontanati dal proprio comando. Alla fine di agosto fu destituito dall’incarico, che passò al generale Amilcare Farina. Allontanato dai comandi operativi, riparò in Sardegna: dopo il 25 aprile 1945 non subì sanzioni penali, ma il suo operato venne censurato dalla Commissione per l'esame del comportamento degli ufficiali generali e colonnelli all’atto e dopo l’armistizio e non venne riammesso in servizio.
Morì a Torino nel 1954, in seguito alle complicazioni dovute a un intervento chirurgico.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio dell'Ufficio storico dello Stato maggiore dell'Esercito, L 16, Commissione per l’esame del comportamento degli ufficiali generali e colonnelli all’atto dell’armistizio, b. 19, f. 44 ad nomen.
E. Aga Rossi, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, Bologna 2003, ad ind.; G. Rochat, Le guerre italiane 1935-1943. Dall’impero d’Etiopia alla disfatta, Torino 2008, ad indicem.