MALAGUGINI, Alcide
Nacque a Rovigo il 15 ott. 1887 da Vincenzo, insegnante elementare e poi mastro di posta, e da Adele Salvi.
Perduto il padre quando aveva 14 anni, per proseguire gli studi il M. dovette trovarsi un impiego come copista presso un'agenzia di assicurazioni. Frequentò il liceo-ginnasio Celio di Rovigo, dove ebbe occasione di incontrare un altro studente destinato ad avere un posto nella storia del socialismo, G. Matteotti.
Nel 1907 aderì al Partito socialista italiano (PSI), si impegnò nel movimento contadino polesano e collaborò al settimanale La Lotta. L'11 ottobre di quell'anno fu arrestato con l'accusa di aver violato la "libertà di lavoro" e oltraggiato le pubbliche autorità, ma fu prosciolto poco dopo.
Nel 1908, grazie a una borsa di studio, il M. s'iscrisse alla facoltà di lettere dell'Università di Pavia, dove si laureò dedicandosi poi all'insegnamento. Giunse nella città lombarda accompagnato dalla fama di dirigente capace e stimato, tanto che i socialisti pavesi lo nominarono, già nel 1908, segretario della sezione del PSI e della Camera del lavoro. Alla testa dei socialisti di Pavia il M. rimase fino al 1912, mentre la sua esperienza sindacale, pur esauritasi nell'arco di soli due anni, fu caratterizzata da ottimi risultati.
La nomina del M. pose fine a un periodo di precarietà della Camera del lavoro, nel quale si erano succeduti ben sei segretari in poco più di due anni. Il M. seppe rilanciarla sia in termini organizzativi (tra il 1908 e il 1910 la Camera del lavoro raggiunse il più alto numero di iscritti) sia sul piano dell'iniziativa politica. Ridotta l'attività puramente rivendicativa, svolta in prevalenza dalle leghe e dalle federazioni di mestiere, la Camera del lavoro venne "affermando sempre più il suo nuovo ruolo di organo di autogoverno dei lavoratori e di istituzione locale interprete delle esigenze complessive del proletariato pavese" (Lombardi, p. 84).
Nel 1913 il M. entrò nel Consiglio provinciale di Pavia, dove sedette fino al 1922. Per quanto fosse stato riformato nel 1907, nel corso del primo conflitto mondiale fu richiamato e arruolato, con il grado di tenente, nel genio zappatori, meritandosi una croce di guerra e una medaglia d'argento al valor militare.
Nel dopoguerra il M. tornò a coprire, dal 1919 al 1922, la carica di segretario della sezione socialista di Pavia, che si riconosceva nella linea della maggioranza massimalista del partito, nonostante il radicato riformismo dei maggiori esponenti locali come L. Montemartini, E. Canevari, A. De Giovanni. Le polemiche interne furono sopite in occasione della competizione elettorale amministrativa del 31 ottobre - 7 nov. 1920, consentendo al PSI di raccogliere un vistoso successo, in virtù del quale il M. divenne sindaco di Pavia. Oltre al capoluogo i socialisti pavesi conquistarono circa due terzi dei Comuni della zona (nella sola Lomellina 46 su 50) e l'amministrazione provinciale.
La presenza sempre più estesa e radicata del movimento socialista pavese fu avvertita come una minaccia dagli agrari, che, in difesa dei propri interessi, armarono le squadre fasciste.
Tra il 1921 e il 1922 la provincia di Pavia fu tra le più colpite dalla violenza delle camicie nere, che in una prima fase furono schierate a protezione dei "crumiri" durante gli scioperi bracciantili e poi iniziarono gli assalti e le devastazioni contro le Case del popolo, le sedi delle leghe e delle cooperative, e le aggressioni anche mortali contro gli oppositori politici.
L'ultima fase dell'offensiva fascista fu rivolta contro le amministrazioni democratiche. Il giorno della marcia su Roma, il 28 ott. 1922, una squadra fascista si presentò nell'ufficio del M. nella sede municipale di palazzo Malabarba, intimandogli di abbandonare la carica. Il giorno successivo il M., dopo aver convocato il Consiglio comunale, indirizzò una lettera al prefetto di Pavia per comunicargli le dimissioni proprie, degli assessori e dei consiglieri di maggioranza per l'"impossibilità di svolgere qualsiasi efficace opera amministrativa sotto il nuovo regime che si è di fatto instaurato nel Paese" (La Provincia pavese, 1 nov. 1922).
Trasferitosi a Milano, il M. riprese l'insegnamento, presso il ginnasio-liceo A. Manzoni, e partecipò al vivace dibattito interno al Partito socialista, collocandosi sempre sulle tradizionali posizioni del massimalismo intransigente, dalle quali non si era discostato neanche dopo la scissione comunista del 1921 e il successivo abbandono della frazione terzinternazionalista. Candidato senza successo nelle elezioni del 6 apr. 1924 nel collegio di Padova-Rovigo, confermò la propria avversione a ogni collaborazione con le forze della borghesia, e prese le distanze dalla secessione parlamentare dell'Aventino.
Il 26 ott. 1926 fu esonerato dall'insegnamento per la sua incompatibilità con le generali direttive politiche del regime. Sollecitato dal ministro della Pubblica Istruzione, P. Fedele, a difendersi dall'accusa di "sovversivismo", il M. aveva infatti ribadito la propria fede socialista e l'avversione al fascismo. Sottoposto alla vigilanza di polizia, per guadagnarsi da vivere andò a insegnare presso alcune scuole private di Milano. Mantenne i contatti con alcuni suoi compagni e mise a disposizione la sua casa di montagna, a Courmayeur, come base di transito per l'espatrio di antifascisti.
Dopo l'8 sett. 1943 il M. si impegnò nella lotta clandestina e per sfuggire alle ricerche dei militi fascisti della "Muti" e dei nazisti dovette rifugiarsi nel Varesotto.
Dopo la Liberazione, tornò per qualche mese a ricoprire la carica di segretario del PSI di Pavia, ma nell'ottobre 1945 fu nominato segretario dell'Unione comunale socialista di Milano e poi anche della federazione provinciale del partito. Come figura di primo piano del socialismo lombardo, fu designato a far parte della Consulta nazionale, in seno alla quale diede un contributo alla stesura del progetto di legge elettorale per l'Assemblea costituente. Nelle elezioni del 2 giugno 1946 risultò eletto per il IV collegio di Milano e nello stesso anno fu eletto anche al Consiglio comunale milanese. Reintegrato nell'insegnamento nel 1945, nel dopoguerra fu preside del liceo Manzoni di Milano. Nel 1948 il M. fu eletto alla Camera per la circoscrizione Milano-Pavia e fu riconfermato nella stessa circoscrizione nelle elezioni del 1953, 1958 e 1963.
Fece sempre parte della commissione Istruzione e Belle Arti, della quale fu anche vicepresidente nel corso della II legislatura repubblicana. Nel 1960 fu, insieme con T. Codignola e altri, tra i firmatari di una proposta di legge per la sistemazione a ruolo degli insegnanti.
Con la sua grande barba fluente il M. rappresentava una presenza inconfondibile tra i banchi di Montecitorio. Non gli dispiaceva offrire di sé, anche attraverso l'eloquio, l'immagine di un socialista d'altri tempi, non contaminato da segni di esteriore modernità. Tuttavia non si considerava un sopravvissuto politico e mostrava, al contrario, una grande determinazione nell'affrontare la battaglia politica in nome degli ideali che aveva abbracciato in gioventù.
Membro del comitato centrale del PSI, il M. fece parte, dal 1949 al 1953, della direzione del partito. Schierato con la sinistra interna di T. Vecchietti, D. Valori, L. Luzzatto ed E. Lussu che avversava la linea autonomista di P. Nenni, nel comitato centrale del 14 nov. 1956, all'indomani dei fatti d'Ungheria, fu il solo a votare contro la mozione per l'unificazione con i socialdemocratici di G. Saragat.
Per il M. il PSI avrebbe dovuto confermare la politica di classe e unitaria, intesa non solo come collaborazione con il Partito comunista italiano (PCI), ma soprattutto come tendenza a un partito nuovo in grado di guidare le lotte del mondo del lavoro contro la società capitalistica e per il socialismo.
Fu perciò nettamente contrario al coinvolgimento dei socialisti nella politica di centrosinistra, e promosse, insieme con i citati esponenti della sinistra interna, la scissione da cui il 10 genn. 1964 nacque il Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP).
Al I congresso del PSIUP, svoltosi a Roma dal 16 al 19 dic. 1965, pronunciò un discorso di commiato, pieno di amarezza e di risentimento nei confronti del PSI, ma anche di soddisfazione per il fatto che anziani militanti come lui "giunti in prossimità del traguardo finale" si sentissero "circondati da stima e dall'affetto di tanti compagni" pronti a raccoglierne l'eredità.
Il M. morì a Milano il 24 dic. 1966.
Tra le opere del M. si ricordano: Per una bandiera, Rovigo 1906; Gli smembramenti del principato di Pavia nella prima metà del secolo XVIII, Pavia 1911; Le lotte sociali nella campagna lombarda, in Fascismo e antifascismo, I, 1918-1936, Lezioni e testimonianze, Milano 1962, pp. 79-82.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 2946; Partito socialista italiano di unità proletaria, I Congresso nazionale, Roma, 1965, Milano 1966, pp. 565-568; G. Avolio, A. M.: una vita per il socialismo, in Mondo nuovo, 1 genn. 1967, p. 6; F. Pedone, Il PSI nei suoi congressi, V, 1942-1945, Milano 1968, ad ind.; C. Ferrario, Le origini del partito comunista nel Pavese, Roma 1969, ad ind.; Ente per la storia del socialismo e del movimento operaio italiano, I socialisti alla Consulta, con un saggio di E. Piscitelli, Roma 1974, ad ind.; A. Landuyt, Le sinistre e l'Aventino, Milano 1976, ad ind. (in partic., pp. 327-329); M. Degl'Innocenti, Il socialismo italiano e la guerra di Libia, Roma 1976, ad ind.; S. Miniati, PSIUP, 1964-1972. Vita e morte di un partito, Roma 1981, passim; P. Lombardi, Per una storia del movimento operaio e contadino in provincia. La Camera del lavoro di Pavia dalle origini alla Grande Guerra, in Annali di storia pavese, ottobre 1985, n. 11, p. 84; A. Magnani, Fascismo e squadrismo 1919-1925, ibid., giugno 1986, nn. 12-13, p. 33; G. Sircana, A. M., in Il Parlamento italiano. Storia parlamentare e politica dell'Italia 1861-1988, XVII, Il centrismo dopo De Gasperi 1954-1958, Milano 1991, pp. 172, 489; G. Ferro, Protagonisti del movimento socialista in Italia, Roma 1992, s.v.; Z. Ciuffoletti - M. Degl'Innocenti - G. Sabbatucci, Storia del PSI, III, Dal dopoguerra a oggi, Roma-Bari 1993, ad ind.; G. Andreotti, Nonni e nipoti della Repubblica, Milano 2004, s.v.; Il movimento operaio italiano, Diz. biografico, a cura di F. Andreucci - T. Detti, III, s.v.; I deputati alla Costituente, Torino 1946, s.v.; I deputati e senatori del quarto Parlamento repubblicano, Roma 1965, s.v.; Enc. dell'antifascismo e della Resistenza, III, Milano 1976, sub voce.