GALVANO, Albino
Nacque a Torino il 16 dic. 1907 da Firmino e da Sofia Zaccaria. Dopo gli studi classici decise di dedicarsi alla pittura e nel 1928 entrò nella scuola di Felice Casorati, con l'obiettivo di apprendervi "il segreto di una sintesi in cui il dato naturale risultava assorbito e trasfigurato", come scrisse lo stesso G. nel 1952 (A. G., 1979, p. 97). Nel 1931, il 16 luglio, sposò Caterina Rocca.
Lo studio di Casorati - scuola non solo di pittura ma anche di cultura antifascista - era frequentato, tra gli altri, da S. Bonfantini, I. Cremona, Paola Levi Montalcini, L. Romano, con i quali, e con l'architetto C. Mollino, il G. strinse un legame di amicizia destinato a prolungarsi per tutta la vita. All'esordio, in occasione della Biennale di Venezia del 1930, la sua pittura apparve vicina al postimpressionismo praticato dal cosiddetto Gruppo dei sei, che, tra il 1929 e il 1931, fu punto di riferimento decisivo per la volontà di rinnovamento dei più inquieti tra i giovani artisti operanti a Torino.
Il pittore stesso ha stilato il repertorio dei temi iconografici, rigorosamente antinovecentisti, ricorrenti nei dipinti da lui esposti alle Biennali di Venezia, alle Quadriennali romane e alle mostre del premio Bergamo tra gli anni Trenta e i primi Quaranta: "pesci, molluschi, conchiglie, vecchi libri accartocciati, crocefissi e acquasantiere barocchi, nudi tortili come molluschi e paesaggi incerti tra quegli andamenti sinuosi e un modesto cezannismo che era nell'aria" (ibid., p. 98).
Nel 1938 si laureò presso la facoltà di magistero dell'Università di Torino discutendo con i docenti A. Gambaro e N. Abbagnano una tesi dedicata alla pedagogia della religione, primo atto di un approfondito confronto con le tematiche spiritualiste e antropologiche.
A queste si collegavano anche gli interessi per l'arte extraeuropea che stanno alla base di alcune documentate monografie (L'arte egiziana antica, Firenze 1938; L'arte dell'Asia occidentale e centrale e L'arte dell'Asia orientale, ibid. 1939). L'amicizia con G.C. Argan - che nel 1932 lo aveva presentato a L. Venturi il quale lo aveva chiamato a collaborare a L'Arte - lo stimolò a impegnarsi nell'attività critica, che esercitò collaborando nel dopoguerra a testate importanti quali La Nuova Stampa e Il Mondo nuovo e interrogandosi continuativamente e con notevole acutezza sul senso del proprio percorso pittorico e su quello del maestro e dei compagni di strada (Felice Casorati, Milano 1940; 2ª ed., ibid. 1947; Tre nature morte. Casorati - Menzio - Paulucci, Torino 1942; La pittura a Torino dal '45 ad oggi, in Letteratura, 1960, n. 1; Aspetti del secondo futurismo torinese, Torino 1962).
Nel 1941 fu assistente alla cattedra di pittura di E. Paulucci all'Accademia Albertina di Torino; dal 1942, e fino al 1978, insegnò storia e filosofia negli istituti liceali, stabilendo con numerosi allievi, primo fra tutti E. Sanguineti, duraturi rapporti di scambio culturale.
Nei mesi successivi al 25 apr. 1945 fu tra i promotori dell'Unione culturale torinese, un'associazione che raccolse intellettuali e artisti quali F. Antonicelli, N. Bobbio, V. Foa, L. Geymonat, F. Menzio, M. Mila, decisi a impegnarsi attivamente per il riscatto della cultura italiana. Nel 1947 pubblicò con il pittore P. Oriani il primo numero (rimasto unico) della rivista Tendenza, in cui figura un articolo programmatico dal titolo La pittura, lo spirito, il sangue (ora in A. G., 1988, pp. 33-38). Vi sono messe a fuoco le coordinate teoriche della sua poetica, fondata sul richiamo al vitalismo e all'immoralismo di F. Nietzsche e sul rifiuto delle premesse etiche dell'estetica crociana: "Credo sia venuto il momento di confessare schiettamente che il bello, proprio questo bello artistico che ci brucia sin dalla giovinezza ogni possibilità di rassegnazione e di conformismo, è il "simbolo del male morale"" (ibid., p. 33). Sul piano delle alleanze e delle strategie il G. proclamò in questa occasione la sua distanza da ogni programma estetico pragmatista e storicista, dimostrando di avere maturato, nei mesi immediatamente successivi alla Liberazione, la sua vocazione alla marginalità e il suo rifiuto dell'identificazione di arte e impegno ideologico. Per questi motivi nel 1947 egli prese le distanze dal comitato organizzatore del premio Torino, di cui era stato uno degli ideatori, mentre presentò nel 1949 all'Unione culturale, nelle sale di palazzo Carignano, la prima Mostra internazionale dell'Art Club. Sia nelle vesti di organizzatore culturale sia in quelle di pittore i suoi obiettivi erano quelli di salvaguardare l'indipendenza della ricerca artistica e di favorire il rinnovamento dei mezzi linguistici: "Col dopoguerra e una migliore conoscenza della pittura europea, il confronto con l'avanguardia si imponeva" (A. G., 1979, p. 18).
Tra il 1945 e il 1949 si aprì nella sua pittura una fase espressionista, documentata dai dipinti esposti alla Biennale veneziana del 1948 e caratterizzata dalla semplificazione dei contorni lineari e dall'uso di un cromatismo timbrico e bidimensionale. Gli sviluppi di questa ricerca lo condussero, intorno al 1950, ad avvicinarsi all'astrazione e a costituire con A. Biglione, A. Parisot e F. Scroppo la sezione torinese del Movimento arte concreta (MAC), cui facevano capo anche Carolrama e la Levi Montalcini.
Come suggeriscono i titoli di molte sue composizioni astratte (I santi anargiri, 1950: Torino, Galleria d'arte moderna e contemporanea; Anima mundi, 1952: collezione privata; Thaumasie, telos, thanatos, 1952: collezione privata), la morfologia di questi dipinti, non meccanica o architettonica, ma organica, è segnata da una forte valenza religiosa e metafisica. Come spiegò l'autore nel testo di autopresentazione per una mostra organizzata nel 1951 a Nizza da L. Carluccio, la tensione emotiva presente fin dagli esordi nella sua pittura veniva ora fissata, attraverso combinazioni astratte di forme e di colori, in un "feticcio laico", indipendente dalla rappresentazione e dalla imitazione del reale (A. G., 1979, p. 83).
Alle radici e al significato dell'arte astratta dedicò alcuni contributi che, in opposizione alle letture formaliste e in anticipo sui risultati più recenti della storiografia artistica, ne mettevano a fuoco le connessioni con le fonti spiritualiste del decadentismo e ne evidenziavano il contenuto simbolico.
Nel 1953 pubblicò Storicità e significato dell'arte astratta, in Arch. di filosofia, e Dal simbolismo all'astrattismo, in Galleria di lettere e arti; nel 1956 il saggio Le poetiche del simbolismoe l'origine dell'astrattismo figurativo fu accolto tra gli Studi in onore di L. Venturi, mentre la conferenza L'erotismo del liberty e la sublimazione astrattistica fu stampata nel 1963 in Cratilo (ora in A. G., 1988, rispettivamente a pp. 49-90, 111-134, 169-192).
Alla metà degli anni Cinquanta la pittura del G. si aprì a ricerche segniche e gestuali di impronta informale (Thaumasie, telos, thanatos, 1955: Torino, Galleria d'arte moderna e contemporanea; Le diable a besoin des hommes, 1956: ibid., collezione privata), che furono presentate in una sala personale alla Biennale di Venezia del 1956 - con testo in catalogo di G.C. Argan - e l'anno seguente, su invito di C.L. Ragghianti, alla galleria La Strozzina di Firenze. Alla fine del decennio, in una serie di dipinti dedicati all'iris e concepiti come omaggio a S. Mallarmé, si avviò il recupero, in un primo tempo allusivo e indiretto, della figuratività, nell'intento di trasformare i "feticci" astratti in "emblemi" di un'araldica che guardava al barocco e al gusto art nouveau (A. G., 1979, p. 20).
I due volumi pubblicati dal G. negli anni Sessanta, Per un'armatura (Torino 1960) e Artemis Efesia. Il significato del politeismo greco (Milano 1967) sono opere difficilmente classificabili, che attingono alla storia delle religioni, alla filosofia, alla psicoanalisi e all'antropologia per approfondire la riflessione sulle istanze della ragione e dell'irrazionalità, con richiami, in quegli anni inattuali nella cultura italiana, al pensiero di Nietzsche e di O. Spengler, di C.G. Jung e di L. Klages. Ma ciascuno dei due libri si presenta al tempo stesso come processo di autoanalisi in merito al rapporto tra una figura-feticcio - un'armatura tardomedievale e un idolo greco - e l'area psichica della coscienza. Fondata per tale via sul piano storico e teorico l'ipotesi dell'attualità intramontabile del potere emblematico dell'immagine, la nuova fase della pittura del G., che egli stesso qualificava come neoliberty, proseguì, dopo una pausa prolungatasi dal 1962 al 1965, con i cicli dei nastri, delle bandiere, degli anelli di Moebius, cui seguirono, negli anni Settanta e Ottanta, i segni di un incerto alfabeto (Maioresque cadunt e Scritta, entrambi del 1974 e in collezione privata) e infine i cespugli, i ciottoli, i relitti dei quadri dell'ultimo periodo (Ciottoli e rocce, 1982; Ciuffo di vegetali, 1989: collezione privata).
Il G. morì a Torino il 18 dic. 1990.
Fonti e Bibl.: A. G., a cura dello stesso G., Torino 1979 (con bibl. e antol. della critica); P. Fossati, Il Movimento arte concreta (1948-1958). Materiali e documenti, Torino 1980, passim; Arte a Torino 1947-53, a cura di M. Bandini - G. Mantovani - F. Poli, Torino 1982, passim; Il MAC di Torino (catal., galleria Maggiorotto), con testi di G. Dorfles e G. Mantovani, Cavallermaggiore 1982, passim; M.A.C. Movimento arte concreta 1953-1958, a cura di L. Caramel, Gallarate 1984, passim; Allitterazioni. Dieci artisti del MAC tra ieri e oggi, a cura di M. Bandini, Aosta-Milano 1987, p. 76 e passim; A. G.La pittura, lo spirito e il sangue, a cura di G. Mantovani, Torino 1988; G. Mantovani, Il malessere dell'arte, ibid., pp. 5-22; G. Carchia, Prefazione, in A. Galvano, Artemis Efesia, Torino 1989, pp. 5-8; E. Sanguineti, Per un'immagine, in La Stampa, 10 marzo 1990; G. Mantovani, "Témoignage de notre dignité": la pittura, in Figure d'arte. Artisti a Torino dagli anni '50, Pescara 1991, pp. 46-54; R. Tessari, G. e il mito, ibid., pp. 55-63; A. Balzola, G. e D'Adda: l'immagine nutrice, ibid., pp. 66-76; Omaggio a A. G., a cura di P. Fossati, Torino-Milano 1992 (con antologia degli scritti e della critica); P. Fossati, Per un omaggio a G., ibid., pp. 9-14; F. Garimoldi, A. G.: progetto di una nuova cultura, ibid., pp. 15-28; M.C. Mundici, Modernità, avanguardia, contemporaneità, ibid., pp. 29-32; F. Fergonzi, in La pittura in Italia. Il Novecento/2, II, Milano 1993, p. 724; A. G. (catal., galleria Ricci-Bottero), a cura di G. Mantovani, Torino 1994; A. G., P. Grossi, L. Sturla. Tre artisti del MAC. Opere dal 1949 al 1958 (catal., galleria Artecentro), a cura di L. Berni Canani - F. Lattuada, Milano 1994, pp. 3-17; A. G., a cura di M. Corgnati, Aosta 1995; Attraverso il Novecento: A. G., Atti della giornata di studio… Torino… 1997, a cura di M. Pinottini (in corso di pubbl.); A. Griseri, in Grande Diz. enc. UTET, VIII, pp. 576 s.; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori…italiani, V, pp. 244 s.