RICCI, Agostino
RICCI, Agostino. – Nacque a Savona il 24 gennaio 1832, primo dei cinque figli di Giacomo e di Chiara Falco.
Il padre era un commerciante di un certo prestigio, come testimoniato dagli incarichi consolari che gli furono a lungo affidati dai governi pontificio e austriaco.
Agostino frequentò da esterno i corsi elementare e classico nel collegio della Congregazione della Missione, fondata da san Vincenzo de’ Paoli. Diversamente dalla sorella Caterina, che con il nome di Chiara divenne terziaria francescana, fondò una sua congregazione – le suore terziarie angeline di san Francesco – e venne proclamata serva di Dio, la formazione di Agostino non ricevette negli anni dell’adolescenza una particolare impronta religiosa.
Anzi, quando nel 1881 rievocò in maniera cursoria la sua adolescenza in una conferenza, che avrebbe stampato a Torino nel 1896 sotto il titolo di Un volontario del 1848-49, descrisse con molta ironia, «la tirata domenicale» (p. 23) di un padre Scotti, il quale, ispirato «dal lodevole desiderio» di far diventare i suoi allievi «buoni, studiosi, morigerati, rispettosi» (p. 22) si esibiva in «sproloqui» (p. 25) nel tentativo, affatto mancato, di instillare in essi «una grande paura dell’inferno» (p. 22).
Ricci riconobbe invece al periodo trascorso nel collegio savonese un’altra impronta, quella patriottica. Nel 1846, nell’ultimo anno dei suoi studi secondari, quando «per la recente elezione di Pio IX al papato un vago sentimento di prossime novità cominciava a diffondersi in paese» (p. 23), Scotti ammalato fu sostituito da un confratello, Giuseppe Sapeto, che era già noto per le sue missioni in Abissinia e che sarebbe diventato di lì a qualche anno il massimo promotore dell’espansione coloniale italiana nel Mar Rosso. Sapeto tenne in quella occasione un’eloquente perorazione a favore della «povera Italia» (p. 24), un discorso che fu per Ricci, che ne riportò una profonda e tenace impressione, «una vera rivelazione»: «era quella invero la prima volta che la voce della patria si faceva strada nel mio cuore» (p. 25).
Nel 1847 morì la madre e Ricci si iscrisse all’Università di Genova per studiare giurisprudenza. Gli avvenimenti del marzo del 1848 (le Cinque giornate di Milano, la dichiarazione di guerra di Carlo Alberto all’Austria) lo indussero ad arruolarsi, mentendo sull’età, prima in una colonna di volontari genovesi, che si recò a Milano, e poi quale soldato nel 3° reggimento provvisorio della Lombardia. Il suo grado di istruzione gli permise di essere promosso prima furiere e poi sottotenente e quindi di partecipare in giugno con le spalline all’assedio di Mantova.
Riparato in Piemonte dopo l’infelice conclusione della campagna del 1848, rimase a lungo nel deposito degli ufficiali lombardi di Biella. Il 13 marzo 1849 fu trasferito al 3° reggimento di fanteria dell’esercito piemontese, ma non partecipò alla battaglia di Novara. Dopo la campagna di quell’anno il governo sabaudo fu costretto a ridimensionare il corpo ufficiali: Ricci fu collocato in aspettativa e riprese il servizio soltanto nel giugno del 1851. Nell’inverno del 1853-54 tenne a Chambéry, dove il suo reggimento era di guarnigione, una serie di lezioni introduttive sull’arte militare, che avrebbe pubblicato dieci anni più tardi in una collana, la Piccola biblioteca dell’esercito, dell’editore torinese Giuseppe Cassone.
La versione del 1863 dell’Introduzione allo studio dell’arte militare teneva presente soprattutto il Cours d’art et d’histoire militaires, che il capitano Jules Vial, un professore al corso d’applicazione dello stato maggiore francese, aveva pubblicato due anni prima a Parigi. Ciononostante, Ricci non esitò a criticare Vial su un punto fondamentale, il fatto cioè che nel suo Cours non aveva affrontato «la parte morale della guerra» (p. 1), mentre era sua ferma convinzione – ispirata chiaramente al Vom Kriege di Carl von Clausewitz, citato da Ricci in una versione francese – che la «causa efficiente» (p. 4) della guerra «e il motore che la dirige» fossero «le forze morali» (p. 13). Criticò anche, en passant, il più celebre teorico militare del primo Ottocento, Antoine-Henri de Jomini, che accusò di aver escluso l’organizzazione dall’arte militare. Un’opera, in sintesi, quanto mai innovativa nella morta gora della letteratura militare italiana. Non a caso ancora nel 1926 fu ristampata a Torino a cura di Epimede Boccaccia.
Dal maggio del 1855 al maggio del 1856 Ricci partecipò alla guerra di Crimea in qualità di aiutante maggiore del battaglione, che era stato tratto dal 3° reggimento fanteria. Su questa sua esperienza avrebbe pubblicato In Crimea: ricordi nel fascicolo dell’agosto del 1885 della Rivista militare italiana (pp. 193-232), uno scritto più tardi rielaborato in chiave anche storica (In Crimea, Torino 1896).
Nell’ottobre del 1857 fu promosso tenente. Pubblicò il suo primo scritto, un ricordo dell’ex comandante del suo reggimento, Il colonnello [Agostino] Gastinelli, nel fascicolo di novembre della Rivista militare italiana (pp. 231 s.). Prese parte il 24 giugno 1859 alla battaglia di San Martino, dove fu ferito, meritandosi una medaglia d’argento. In ottobre fu promosso capitano. Ma fu a partire dal 1860, dopo il trasferimento nel corpo di stato maggiore, che furono riconosciute le sue notevoli competenze tecniche e gli furono assegnati compiti sempre più impegnativi.
In agosto Ricci fu uno dei commissari che tracciarono la nuova frontiera verso la Francia, un’esperienza che ricordò, in una chiave parzialmente critica, in un intervento, La nostra frontiera dell’ovest, apparso sulla Nuova Antologia del gennaio del 1869 (pp. 713-731). Nell’aprile del 1861 divenne professore di arte militare di Umberto e Amedeo, i figli del re Vittorio Emanuele II. Nel 1863 pubblicò a Torino, oltre all’Introduzione precedentemente citata, Dell’insegnamento dell’arte militare, in cui sviluppò quanto aveva scritto nel Proemio dell’Introduzione nella prospettiva di una riforma della scuola di stato maggiore.
Promosso maggiore nel maggio del 1864, fu da giugno ad agosto in Tunisia (all’epoca il governo italiano accarezzava il progetto di approfittare del conflitto tra il bey e le tribù dell’interno per mettere piede in Africa). In quell’occasione, così come nelle altre in cui avrebbe valutato progetti di espansione coloniale (la Tripolitania nel 1884, l’Eritrea nel 1885), Ricci si sarebbe riconosciuto in una pragmatica linea anticolonialista attenta ai rischi di una «generale reazione nazionale e religiosa» (Del Negro, 2007, p. 179) da parte dei popoli invasi.
Dal novembre del 1864 al maggio del 1866 Ricci diresse il gabinetto militare, un organo tecnico istituito dal ministero della Guerra. Prestò servizio al quartier generale del comando supremo durante la guerra del 1866; fu promosso, il 20 giugno, tenente colonnello. Dal 1866 al 1870 fu addetto al comando del corpo (allora ufficio superiore) di stato maggiore. Il 18 luglio 1870 ottenne la promozione a colonnello e il 29 dicembre dello stesso anno la nomina a comandante in seconda della Scuola superiore di guerra. Negli anni seguenti si impegnò nelle polemiche circa i piani di difesa dell’Italia ed ebbe, fra l’altro, un ruolo fondamentale nell’istituzione del corpo degli alpini.
Promosso maggior generale nel maggio del 1877, gli fu affidata una brigata. Nell’agosto del 1882 divenne comandante in seconda del corpo di stato maggiore e nel marzo del del 1884 fu promosso tenente generale. Nell’ottobre 1885 assunse il comando della divisione militare territoriale di Cuneo e nel dicembre del 1891 quello del II corpo d’armata ad Alessandria. Nel 1894 fu collocato a disposizione del ministero e l’anno seguente in posizione ausiliaria.
Prima del 1867 aveva sposato una vedova, Sofia De Amicis Londero, la sorella maggiore di Edmondo, del quale Ricci favorì il debutto come giornalista militare.
Fu deputato di Belluno nella XVI e XVII legislatura della Camera dei deputati, precisamente dal 1885 al 1890, ma, dopo avere presentato nel maggio del 1887 le sue dimissioni, respinte dai colleghi, scomparve di fatto dai banchi di Montecitorio. Alla Camera si schierò con la Destra; intervenne poche volte e sempre su argomenti militari, criticando i ministri della Guerra e della Marina: insistette soprattutto, nel 1885 e nel 1887, a favore di un potenziamento della Marina militare, mentre prese posizione contro un’espansione all’interno dell’Abissinia.
Senatore nel gennaio del 1894, fu poco presente in aula a causa di una malattia che lo affliggeva da molti anni.
Morì a Torino il 20 ottobre 1896.
Opere. Oltre a quelle citate, si segnalano: Appunti sulla difesa dell’Italia in generale e della sua frontiera nord-ovest in particolare, Roma-Torino-Firenze 1872; La piazza di Piacenza-Stradella nella difesa della frontiera nord-est dell’Italia, Roma-Torino-Firenze 1872; La difesa interna della valle del Po, Torino 1873; Campi in val di Piave: 1879, Padova 1879; La brigata di fanteria nel combattimento. Note di un generale di brigata, Bosco Marengo 1880; Nuova ferrovia transappenninica Savona-Acqui per Sassello. Ricordi ed appunti militari, Savona 1896.
Fonti e Bibl.: N. Giacchi, A. R., in Bollettino dell’Ufficio storico dello Stato maggiore, III (1928), 1, pp. 56-64; Enciclopedia militare, VI, Milano 1933, p. 507; P. Schiarini, A. R., in Dizionario del Risorgimento nazionale, a cura di M. Rosi, IV, Milano 1937, pp. 64 s.; P.G. Franzosi, Le origini delle truppe alpine, in Rivista militare, CVIII (1985), 2, pp. 99-110; F. Botti, Il problema dell’addestramento delle reclute nel secolo XIX secondo il generale A. R., in Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, XXVII (1987), 3, pp. 53-59; V. Ilari, Giuseppe Domenico Perrucchetti e l’origine delle truppe alpine, ibid., CXIII (1990), 5, pp. 116-121; P. Del Negro, Un esercito e una marina per l’espansione coloniale dell’Italia. Dall’unità ad Adua, in Alla ricerca delle colonie (1876-1896), a cura di P. L. Ballini - P. Pecorari, Venezia 2007, pp. 173-186; Camera dei deputati, Portale storico, http:// storia.camera.it/deputato/agostino-ricci-18320124#nav (19 settembre 2016); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/ R_l2?OpenPage# (19 settembre 2016).