BUAZZELLI, Agostino (Tino)
Nacque a Frascati (Roma) il 13 luglio 1922 da Andrea, capo gestore dello scalo merci presso la stazione di questa località, e da Elena Campeti, casalinga. Dopo aver conseguito l'abilitazione presso il r. istituto magistrale "G. Carducci" di Roma, si iscrisse al corso triennale di recitazione dell'Accademia nazionale d'arte drammatica nel 1944 diplomandosi nel 1947. Il debutto avvenne con la compagnia E. Maltagliati-V. Gassman: al teatro Quirino di Roma, per la regia di L. Squarzina, fu tra gli interpreti della prima italiana di Tutti miei figli di A. Miller (4 nov. 1947). Due settimane dopo, un'altra prima italiana, sempre nella stessa compagnia: L'aquila a due teste di J. Cocteau (teatro Valle di Roma, 19 novembre, regia di G. Salvini, parte dei conte di Foehn). Nel 1948 fu tra i primi, con un nucleo di giovani attori provenienti dall'Accademia, ad entrare, su invito di 0. Costa, nel Piccolo Teatro della città di Roma. Anzi, fu proprio il Costa, tra le vivaci polemiche sollevate da L. Ridenti che non riteneva degni quei quasi esordienti di inaugurare il IX Festival della prosa di Venezia, a coinvolgerlo in uno spettacolo straordinario dei Piccolo Teatro, i Sei personaggi in cerca d'autore di L. Pirandello (teatro La Fenice, 16 sett. 1948), che approdò addirittura a Parigi. Dopo questi inizi incerti, la resa dei personaggi studiati con la massima diligenza sotto la spinta di un temperamento orgoglioso e caparbio, fu accolta positivamente, salvo qualche eccezione significativa. Corpulento, con un ampio, viso bonario aperto al sorriso o al ghigno, la dizione rotonda e cadenzata, le mani spesso portate in primo piano in funzione espressiva, fu notato nella giusta parte come Sganarello del Don Giovanni di Molière (Piccolo Teatro di Roma, 4 febbr. 1949: secondo E. Contini vi recitò "con mite e sconsolata malinconia"), e in una parte meno appropriata come Egisto dell'Oreste (teatro Alfieri di Asti per le celebrazioni del secondo centenario alfieriano, 2 maggio, regia di O. Costa). In quel torno di tempo si avvicinò al cinema, a suo dire per guadagnare quel tanto che gli permettesse di integrare gli aleatori compensi del Piccolo Teatro: ricoprì parti di fianco, a cominciare dal dignitoso ma retorico La fiamma che non si spegne di V. Cottafavi (parte del Parroco), in film in costume e soprattutto in film comici, accanto a P. De Filippo, Totò, R. Rascel, T. Scotti (dove, peraltro, le parti erano indegne delle sue capacità), segnalandosi come maresciallo dei carabinieri nell'interessante I fuorilegge di A Vergano (1950). Lodato "senza riserve" per la parte di Enzo in Spirito nell'antica casa di U. Betti (prima al Piccolo Teatro di Roma, 13 apr. 1950), fu criticato da V. Pandolfi per la parte del Sindaco nelle Colonne della società di Henrik Ibsen (ibid., novembre 1951) in quanto "molto dotato, ma ancora giovane per simili responsabilità e inadatto fisicamente a rappresentare personaggi di questo genere".
Passato nel 1952 al Piccolo Teatro di Milano, inaugurò quella splendida carriera che doveva portarlo ai vertici della sua arte e che egli ricorderà, accanto al disappunto nei confronti della severa disciplina di chi lo dirigeva, come una magica iniziazione ai segreti dell'arte di recitare "alla grande": in Elisabetta d'Inghilterra di F. Bruckner (Piccolo Teatro di Milano, 22 nov. 1952, regia di G. Strehler), E. Possenti annotò un "ottimo Bacone"; tra i successi del primo periodo strehleriano, sono da ricordare il risibile Anton Antonich Skvosnik del Revisore di N. Gogol (stesso teatro, 11 dicembre) e la "rivincita" per l'interpretazione del Padre nei Sei personaggi (teatro Marigny di Parigi, 12 marzo, Piccolo Teatro di Milano, 14 apr. 1953). Frattanto si era sposato con l'ex soubrette Ermelina Banfi e, accomiatatosi dallo Strehler, entrava nella compagnia G. Cervi per gli Spettacoli Errepi: lo spettacolo dell'anno fu Cirano di Bergerac di E. Rostand (teatro Nuovo di Milano, 11 dicembre): in esso impersonò Ragueneau, un pasticciere di corpo sgraziato ma di alto sentire, proprio in armonia con l'ideazione dell'autore. Sempre per gli Spettacoli Errepi tenne a battesimo la compagnia di prosa G. De Lullo-R. Falk-T. Buazzelli-A. Guarnieri-R. Valli (ditta assunta a partire dal febbraio 1955), interpretando Alessandro de' Medici nel Lorenzaccio di A. De Musset (teatro Valle di Roma, 24 dic. 1954, regia di L. Squarzina), senza peraltro incontrare il favore incondizionato dei critici. Poi, lasciati bruscamente i "giovani", entrò, per una tournée in Sud America, nella conipagnia Ricci-Magni-Proclemer-Albertazzi-Buazzelli (notevole il Cust di Corruzione al palazzo di giustizia di U. Betti), poi ebbe un incontro non del tutto felice con L. Visconti, che lo diresse come reverendo Samuel Parris nel Crogiuolo di A. Miller (teatro Quirino di Roma, 15 nov. 1955) quando faceva parte della compagnia Brignone-Santuccio-Pilotto: il B., semplicemente, sembrò "lodevole nel suo sforzo". Sempre più irrequieto, alla ricerca della forma migliore, parve aver trovato un'intesa perfetta con lo Squarzina, che ne seppe sollecitare il talento non ancora emerso completamente e che lo diresse per il teatro Stabile di Genova nei Demoni di D. Fabbri da F. Dostoevskij (teatro E. Duse, 28 febbr. 1957): l'attore, con le battute fortemente timbrate, le sottili "felpature", le pause dosate, definì il personaggio di Piotr facendone "un demone indimenticabile, il vero Maligno di tutto il dramma, di tutto un mosaico umano"; cominciava così, per il B ", il periodo dei successi in crescendo. Nella coraggiosa, per quegli anni, messinscena da parte dello Squarzina delle Donne a parlamento di Aristofane (teatro Romano di Benevento, 26 giugno 1957) ad E. Grassi, nonostante i tagli apportati al testo, dispiacque che, tra le residue sgradevolezze, il B. mettesse "un po' del suo", caratterizzando corposamente il personaggio di Blepiro. Dal 15 nov. 1958 il B. sostituì M. Carotenuto nella parte di Gionata Geremia Peachum dell'Opera da tre soldi di B. Brecht, un altro dei vertici registici dello Strehler. Nel 1959 affrontò il primo di una serie di personaggi francesi dell'Ottocento, di estrazione borghese o piccolo-borghese, sorprendenti per la definizione perentoria che egli seppe dare, via via affinandosi,. ai loro caratteri, non esclusi i tic maniacali e gli atteggiamenti sgradevoli (le qualità degli arrivisti, dei cervelli al servizio della finanza o della politica, di quei corbeaux che egli tanto disprezzava nella vita reale): per allora si trattò di un trapianto casalingo in quanto Mercadet l'affarista di H. de Balzac fu ridotto in chiave moderna da C. Terron e il B., attentamente sorvegliato da V. Puecher (Piccolo Teatro di Milano, 5 febbr. 1959), dette "alle intemerate finanziarie del nostro affarista qualche accento frascatano, che ci ha riportato l'aria leggera dei colli laziali" (V. Vecchi) e fu prescelto per la ripresa televisiva diretta il 31 marzo successivo; per questa interpretazione il 17 ott. 1959 gli fu assegnato il premio S. Genesio. Il secondo luminoso periodo strehleriano comprende almeno tre interpretazioni da manuale, quella di Nikolài Ivànovic Triliézkj, medico condotto, in Platonov e altri di A. P. Cechov (Piccolo Teatro di Milano, 27 aprile) e dei protagonisti in due drammi breclitiani, Schweyk nella seconda guerra mondiale (stesso teatro, 24 genn. 1961) e, soprattutto, Vita di Galileo (stesso teatro, 21 apr. 1963).
Nel primo lavoro il Vecchi trovò il B. "vero vero vero, in una parte che non era quella del Mercadet, sempre presente e tutto gonfio, ma certamente di non minor importanza"; nel secondo l'attore si adoperò per conferire al suo volto gli effetti alienanti (qui sperimentati per la prima volta) di una elaborata sottomaschera di scherno; per il terzo. le lodi piovvero copiosissime. In effetti per questa interpretazione di volta in volta ilare, pensosa, dimessa, in una gamma irripetibile di voci e di gesti, egli poté entrare nel ricordo degli spettatori e nella storia dei teatro italiano contemporaneo: Vita di Galileo si collocò tra i vertici della scena italiana del dopoguerra per merito, come si ritenne doveroso sottolineare, delle ricerche coltivate per anni, con programma metodico e intenzioni precise e sicure e imposte inflessibilmente a se stessi e ai collaboratori che furono loro vicini, da P. Grassi e da G. Strehler. Parvero pertanto stonate le polemiche differite dell'attore nei confronti del Piccolo all'insegna di un insofferente spirito libertario, poi minimizzate dallo Strehler e dal B. stesso (quando tornerà a rivestire i panni di Galileo per la regia di F. Bennewitz al teatro Alfieri di Torino nove anni dopo, il personaggio risulterà, mutate quelle condizioni di lavoro, una copia sminuita e pallida del primo modello).
Dopo il discreto successo conseguito con la parte di Fra' Bartolomeo, spettro ridanciano e burlone, nel film Fantasmi aRoma di A. Pietrangeli (1961), il debutto in uno studio televisivo avvenne nella serie I protagonisti con Quattro storie per un attore (Tonio da un racconto di G. De Maupassant, La ricetta miracolosa da un vaudeville di E. Gondinet, Lo schiaffo da un'opera di A. Dreyfus, I due Ivan da un racconto di N. Gogol) a partire dal 1° ott. 1961 con ritmo settimanale, e da allora il successo si allargò ad un vasto pubblico che ne aveva apprezzato soprattutto le doti comiche, propiziate da un sorriso accattivante e sornione. Nel 1964 avvenne l'approccio con un personaggio shakespeariano che doveva rimanere legato alla sua figura sino alla vigilia della morte, John Falstaff; sempre per il Piccolo Teatro di Milano, ma per la regia di R. Maiello, nel cortile della Rocchetta del Castello sforzesco il 6 luglio rivestì con una magistrale interpretazione i panni dei gentiluomo tronfio e impenitente nella prima parte dell'Enrico IV. L'anno successivo apparve nell'episodio Il vittimista di E. Scola del film Thrilling in cui tratteggiò la sapida macchietta dello psicanalista, poi, di nuovo riunito allo Stabile di Genova, partecipò ad un'importante prima italiana al teatro E. Duse: il 20 dicembre, sotto la regia dello Squarzina, fu "ciarlatanesco, poeta, cantastorie, un Hiekey da non lasciarsi dimenticare mai più" (E. Bassano) in Arriva l'uomo del ghiaccio di E. O'Neill. Nel 1966 apparve in Caccia alla volpe di V. De Sica e nei televisivi Corruzione al palazzo di giustizia (11 febbraio, parte di Cust) e nel Trionfo del diritto di N. Manzari (18 febbraio, parte dell'avvocato Pedigò): due interpretazioni vigorose, specialmente la prima, svolte sui versanti opposti del tragico e del comico.
Finalmente, nella stagione 1966-67, il B. costituì la Compagnia del teatro S. Babila di Milano, esordendovi con un non dei tutto convincente Macbeth di W. Shakespeare (1° ott. 1966, protagonista e regista); il 9 febbr. 1967 andò in scena un suo lavoro, Gnocco! (parte di Verdelli, regia di A. Bagnasco), una specie di allegoria autobiografica delle ragioni che lo avevano indotto alla chiarezza a tutti i costi e a proclamare che nel teatro c'è bisogno anche dell'iniziativa. Uno spettacolo importante della successiva compagnia Maltagliati-B. fu senz'altro Morte di un commesso viaggiatore di A. Miller (teatro Regio di Parma, 9 nov. 1967, parte di Willy Loman), intorno al cui protagonista l'attore, con eccezionale comunicativa, si prodigò per raccogliere un alone di simpatia. Il suo rapporto senza spine con la televisione ("La televisione deve servire a dare aiuto al teatro: questa è vera collaborazione tra forme d'arte") si sostanziò, tra il 1967 e il 1969, con una fitta serie di interpretazioni, tra le quali notevoli quella del protagonista in Turcaret di A. R. Lesage (14 nov. 1967), del sindaco Nupkins nel Circolo Pickwick di U. Gregoretti e L. Codignola da C. Dickens (quarta puntata, 25 febbr. 1968), del protagonista in Tartarino sulle Alpi da A. Daudet (6 settembre successivo) e di Nero Wolf a partire dalle due puntate (21 e 28 febbr. 1969) di Veleno in sartoria di B. Randone da R. Stout.
A quest'ultimo personaggio distaccato dagli aspetti più appariscenti della società, controcorrente, sedentario, pingue, non esaltato dal mito del guadagno, legò la sua maschera in una serie di storie tanto che il pubblico degli amatori del "giallo" lo identificò presto con esso.
Poi il B. volle rinverdire il'suo Falstaff curando la regia di uno spettacolo estivo che incontrò il giudizio severo di F. Quadri il quale vi rinvenne "soltanto gesti e intonazioni risaputi" (La seconda parte della storia di re Enrico IV con le piacevoli facezie di sir John Falstaff, giardini del palazzo reale di Torino, 1° luglio 1970), e si cimentò in un "gran cabarets allestito da A. Trionfo, entrando per l'ultima volta e in via straordinaria in uno stabile e convincendo, stavolta, il Quadri che trovò "strepitosa" la sua recitazione che recuperava "pienamente l'ambiguità neocapitalistica di Puntila" nel Signor Puntila e il suo servo Matti di B. Brecht (teatro Alfieri di Torino, 29 nov. 1970).
Il 1973 fu l'anno della sua ultima, folgorante affermazione: l'interpretazione di Giovanni Chierici nella Rigenerazione di I. Svevo (politeama Rossetti di Trieste, 7 novembre, regia di E. Fenoglio) scosse un po' tutti i critici, che sottolinearono lo svariare dei toni, dall'insolente, al caparbio, al malinconico fino alla serenità estrema della "regione delle nevi" (l'anno successivo gli fu assegnato, a Saint-Vincent, il premio IDI per questa interpretazione). Nel 1975 fu Stockmann in Nemico del popolo! di H. Ibsen (teatro Alfieri di Torino, 12 febbraio), adoperando "autoironia e insolito rigore" sotto la regia del fedele Fenoglio, ed ebbe l'ambita soddisfazione di partecipare, dal 14 al 19 aprile, all'XI Festival della prosa di Londra con La rigenerazione e Nemico del popolo!. Gli ultimi anni furono segnati da un protagonismo intransigente: se si esclude l'ottimo Tiresia dei televisivo Edipo re di Sofocle (15 apr. 1977, regia di V. Gassman), le sue interpretazioni nella sua compagnia, coordinate da lui stesso o da lui in collaborazione, apparvero un'eco sbiadita di quelle, misurate o debordanti, comunque incisive, di qualche anno prima; ebbe senz'altro valore documentario il suo ultimo Falstaff, bislacco e burlato, delle Allegre comari di Windsor (teatro Romano di Verona, 2 ag. 1976) e segnò un certo risveglio il Rousselin di Candidato al parlamento di G. Flaubert (teatro del Giglio di Lucca, 8 nov. 1979) che, con una stanca ripresa della Bottega del caffè di C. Goldoni (parte di don Marzio), in debutto l'anno Prima al teatro Regio di Parma, segnò il suo congedo dal palcoscenico.
Sofferente da tempo di linfoadenite il B. morì a Roma il 20 ott. 1980.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. dell'Accademia naz. d'arte drammatica, fasc. personale; Ibid., RAI - Radiotelevisione italiana, Schedario del Servizio stampa, ad nomen; Il Dramma, 15 novembre, 15 dic. 1947; 1° ott. 1948; 15 febbr. 1949; 1° maggio 1950; 1° dic. 1951; 1° genn. 1953; 1° genn. 1954; gennaio, dicembre 1955; marzo, luglio 1957; marzo, maggio 1959; febbraio 1961; maggio 1963; luglio-agosto 1964; gennaio-febbraio 1966; gennaio 1974; Gazzettino-sera, 16-17 sett. 1948; Sipario, ottobre 1948; Corriere della sera, 6 febbr. 1959; 7 luglio 1964; 16 genn. 1979; 21 ott. 1980 (necrologio); Radiocorriere TV, 29 marzo-4 apr. 1959; 1°-7 ott. 1961; 6-12 febbr., 13-19 febbr. 1966; 12-18 nov. 1967; 25 febbraio-2 marzo, 1-7 sett. 1968; 16-22 febbr. 1969; 10-16 apr. 1977; Il Piccolo, 8 nov. 1973; La Stampa, 14 febbr. 1975; Il Messaggero, 21 ott. 1980 (necrologio). Cfr. anche: R. Simoni, Trent'anni di cronaca drammatica, V, Torino 1960, pp. 76, 77; E. Possenti, 10anni di teatro, Milano 1964, p. 54; F. Quadri, La politica del regista. Teatro 1967-1979, Milano 1980, pp. 38, 64, 198, 558; Il Patologo 4. 1982 annuario dello spettacolo, Milano 1982, pp. 156-157 (necrologio). Vedi inoltre: Encicl. dello spett., II, Roma 1954, col. 1242; Filmlexicon degli autori e delle opere, I, Roma 1958, coll. 947 s.