ADIABENE ('Αδιαβήνη, Adiabēna o Adiabēne; il nome indigeno, tramandato nel Talmud e in scritti siriaci, è Ḥadyab)
Regione della Mesopotamia, compresa tra i corsi dello Zab superiore e dello Zab inferiore, affluenti di sinistra del Tigri. Capitale Arbela (v.), odierna Irbil. Nel sec. I d. C. l'Adiabene fu retta da una dinastia di stirpe iranica, mentre la sua popolazione era in maggioranza aramaica, e vi si diffuse l'uso del siriaco come lingua letteraria, anche per influenza della vicina Osroene (v.). Vassalli del regno dei Parti (v.), i re dell'Adiabene furono implicati sia nelle contese dinastiche di questi sia nelle guerre tra essi e i Romani, nelle quali seguirono una politica di altalena (fonti principali Flavio Giosefo e Tacito, Ann., XII, 13-14, XV,1-4). Notevole la tendenza giudaizzante della dinastia: il re Monobazo si fece ebreo, e la sua sorella e moglie (secondo il costume iranico) Elena si stabilì a Gerusalemme (circa 42 d. C.), dove fu sepolta in un grandioso mausoleo, probabilmente lo stesso che ora è detto "le tombe dei re" (iscrizione aramaica in Corpus inscr. semit., II, 156). A Monobazo successero i figli Izate (iranico Yazata) e Monobazo II. Nel 116 l'Adiabene fu conquistata da Traiano e divenne provincia romana col nome di Assiria. Abbandonata da Adriano l'anno seguente, fu ricongiunta all'impero da Settimio Severo (196). Il cristianesimo vi si diffuse per tempo, e Arbela fu sede di metropoliti della chiesa siriaca.
Bibl.: Pauly-Wissowa, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., I, col. 360, VII, coll. 2836-7, X, col. 1391. Sulla penetrazione del giudaismo e del cristianesimo, v. Jewish Encyclopedia, I, col. 191 segg., Dictionnaire d'hist. et géogr. ecclés., I, col. 561 segg.; Schürer, Gesch. des Iüdisches Volkes im Zeitalter Jesu Christi, III, 4ª ed., Lipsia 1909, 169-172.