ΡΗILADELΡHEIA, 1° (v. vol. VI, p. 120)
Città della Lidia fondata dal re pergameno Attalo II Filadelfo (159-138 a.C.) su una delle tre colline che formano la propaggine del massiccio montuoso del Tmolos, nel punto di intersezione di strade importanti che collegavano Pergamo e Apameia, nonché la costa egea e la Frigia. La città sorse in una regione fertile nei pressi di una sorgente d'acqua minerale, ancor oggi in attività col nome di Sarikiz.
L'insediamento più antico dell'area è stato individuato sulla collina di Gâvurtepe, che fu occupata senza soluzione di continuità dall'Età del Bronzo sino alla fine del II millennio a.C. Di particolare importanza è una grande costruzione a forma di mègaron con murature ciclopiche, posta sulla cima della collina e risalente al II millennio a.C. È probabile che in quel periodo Gâvurtepe esistesse già come residenza principesca nella regione di Arzawa, menzionata nelle fonti ittite.
A O dell'acropoli, sul pendio di una collina sono stati rinvenuti frammenti ceramici lidi con motivi geometrici, che fanno ipotizzare la presenza di una necropoli; tuttavia fino a questo momento non è stato ancora identificato il luogo dell'insediamento lidio. Tali reperti rafforzano comunque l'ipotesi secondo cui l'antica città lidia di Kallatebos citata da Erodoto (VII, 31) - sita tra il fiume Meandro e Sardi - sia storicamente all'origine di Philadelpheia.
Dopo i seri danni che subì a seguito dello spaventoso terremoto del 17 d.C., Ph., come altre città lidie, si rivolse per aiuti all'imperatore Tiberio; rappresentata come sacerdotessa, essa compare sulla base di Pozzuoli, al Museo Nazionale di Napoli. Claudio continuò a favorire lo sviluppo della città, che al tempo del suo principato ottenne la denominazione di Neokaisàreia; ma l'agognata neochorìa venne realizzata solamente sotto Caracalla. Ph. conobbe un grande benessere in epoca romana: le sue gare di Deia Haleia, indette in onore di Zeus e Helios, erano famose ben oltre i confini dell'Asia Minore. Il benessere della città si percepisce chiaramente attraverso la sua produzione epigrafica, nella coniazione di monete e nella scultura. Non a caso Giovanni Lido (Liber de mensuribus., IV, 58) definì Ph. «la piccola Atene» per la quantità di templi e immagini divine che vi si trovavano.
Nella città moderna di Alaşehir si conservano ben poche costruzioni; sono in corso scavi per riportare alla luce l'acropoli.
Indagini recenti hanno interessato anche il teatro, costruito in pietra calcarea locale probabilmente nella tarda età ellenistica, oppure agli inizî di quella imperiale, secondo il tipo greco: la cavea a ferro di cavallo riservata agli spettatori sorge in una conca naturale. Dopo i primi scavi si può già affermare che l'edificio scenico, poggiante su volte, aveva una scaenae frons in marmo. L'orchestra, non ancora riportata alla luce, era delimitata da un podio alto 2 m, al di sopra del quale è rimasta solamente una fila di sedili. Nel recinto dell'orchestra durante i lavori di scavo vennero ritrovate numerose sculture tra cui: un'erma a tre facce con teste di Dioniso e satiri, il gruppo costituito da una Psiche seduta con Eros, una statua femminile con peplo, di grandezza superiore al naturale.
Sulla collina a E dell'acropoli sorgeva un tempio, con una fronte larga più di 20 m rivolta verso la città. Ne è rimasta soltanto la fondazione, costruita con scaglie di pietra e fornita su ogni lato di gradini. Su tale base, specialmente sui gradini del lato S, si sono mantenuti alcuni blocchi di calcare e scalini marmorei. Dell'alzato è rimasto poco: alcuni rocchi di colonna, varî blocchi del cornicione e parecchi frammenti delle tegole in marmo del tetto; attualmente non si è quindi in grado di fornire una ricostruzione certa della facciata del tempio, né si sa a quale divinità fosse dedicato. Probabilmente esso fu costruito nella prima età imperiale.
A O del teatro, separato da un'altura, si estende un avvallamento, che per forma e dimensioni fa pensare a uno stadio: tuttavia non se ne hanno resti visibili in alzato.
Sono di epoca bizantina oltre alle mura che ricoprono la città anche l'imponente complesso di una chiesa al centro di essa, in cui bisogna riconoscere la chiesa di Giovanni menzionata nell'Apocalisse. Rimangono ancora quattro pilastri colossali, che erano collegati da archi di mattoni. La chiesa aveva almeno due grandi cupole. Sul pilastro NE si vedono ancora resti di affreschi, che probabilmente raffiguravano scene bibliche.
A O della città sono rimasti alcuni ipogei coperti a volta, uno dei quali mostra affreschi del IV sec. con fiori sparsi, cesti di fiori e uccelli.
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